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Mental coaching per migliorare la performance

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Sanihelp.it – Allenare la mente al pari del corpo: sembrerebbe questo il segreto per ottenere alte prestazioni in ambito sportivo, e a confermarlo è anche la Scienza. Secondo una ricerca presentata dalla British Psychology Society motivazione, concentrazione, autostima e gestione dello stress sarebbero infatti gli elementi in grado di fare la differenza ai fini della prestazione, con un miglioramento stimato delle attività sportive pari al 57%.


Non a caso sono diversi gli atleti di fama internazionale che hanno dichiarato di aver utilizzato questa tecnica per potenziare il proprio rendimento: da Federica Pellegrini a Carolina Kostner, dai calciatori Bonucci, Inler ed Aquilani all'allenatore della Fiorentina Vincenzo Montella e a quello della Napoli Basket Marco Calvani. Sebbene non vi siano dati ufficiali, si stima che gli allenatori che ricorrono alla consulenza di mental coaching siano quasi il 30%, percentuale che sale sensibilmente per quanto riguarda gli sport di squadra

«L'allenamento mentale richiede impegno e costanza, al pari di quello fisico, e può influire in modo determinante sui nostri risultati. – spiega il dottor Roberto Castaldo, mental coach esperto e fondatore di 4 M.A.N. Consulting. – La gestione della preparazione di un atleta professionista è una cosa molto complessa e, come tale, va affrontata su quattro aree distinte: tecnica, tattica, fisico e mente. Per spiegare come il mental coaching influisca sul raggiungimento degli obiettivi, trovo particolarmente esplicativa una scena del film Rush, pellicola sulla rivalità tra i piloti di Formula 1 James Hunt e Niki Lauda. Mi riferisco al momento in cui Hunt ad occhi chiusi visualizza la pista e tutte le minime sfaccettature che gli consentiranno di vincere la gara. Questo esercizio proietta la mente dell'atleta alla gara. Il cervello umano non sa se quella visualizzazione è vera o falsa, e gestisce le informazioni come se fossero reali, per cui questo inciderà anche sullo stato emotivo. La vittoria inizia sempre nella nostra testa, dalla consapevolezza delle nostre capacità e di come queste possano essere sfruttate al meglio per superare eventuali ostacoli».

«Compito del mental coach è aiutare l'atleta a tirar fuori il suo meglio, fornendogli gli strumenti necessari. – prosegue Castaldo. – In questo senso, molto utile è il ricorso alle tecniche di PNL (Programmazione Neuro Linguistica), una disciplina a metà tra la psicologia e la comunicazione. Il cervello non registra il “non”. Ad esempio, se io ti chiedessi di non pensare ad un cane giallo, la prima immagine a comparire nella tua mente sarebbe proprio un cane giallo, quindi lo scopo del mio messaggio sarebbe fallito miseramente. Nel caso, ad esempio, di un time out in una partita di basket, l'allenatore ha 1 minuto scarso per istruire i suoi giocatori. Questo vuol dire che dovrà esprimere tutti comandi in forma positiva, facendo allo stesso tempo molta attenzione al linguaggio».

«Allo stesso modo, nel caso si lavori al recupero di un atleta infortunato, ad esempio un centometrista che ha subito un infortunio muscolare, è sbagliato utilizzare frasi come non devi aver paura oppure non pensare al dolore, o la famosa frase del film Rocky non fa male, non fa male. Il processo mentale è lo stesso ormai appurato dai venditori esperti: prima portare il cliente in uno stato positivo e poi tentare la vendita. Anche in ambito sportivo, per ottenere una prestazione eccellente dal mio atleta, lo devo mettere in uno stato positivo, fargli visualizzare la sua vittoria. Questo inciderà positivamente anche sulla sua fisiologia, il suo respiro, la sua postura e i suoi movimenti» conclude Castaldo.

Non solo l’allenamento sul campo dunque, ma anche tanto impegno dal punto di vista mentale sono le chiavi che fanno di un atleta un campione.

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