Sanihelp.it – I ritmi frenetici della routine quotidiana ci costringono a limitare i ritagli di tempo da dedicare alle nostre passioni. Accade così che chi ama praticare attività fisica, pensando di ottimizzare al massimo l’allenamento, decida di saltare il riscaldamento, per passare direttamente alla fase centrale della sessione di training. Una scelta sbagliata, secondo gli esperti del settore, che può portare con sé spiacevoli conseguenze: per approfondire l’argomento abbiamo incontrato Giustino Danesi, preparatore atletico dell’Olimpia Basket Milano, e Matteo Acquati, membro dello staff medico.
Innazitutto a cosa serve il riscaldamento? «A livello fisiologico, il riscaldamento è una fase fondamentale della sessione di allenamento in quanto è finalizzato a preparare il fisico alla performance e a prevenire gli infortuni – spiega Giustino Danesi – In uno sport di squadra come la pallacanestro, il riscaldamento diventa poi un momento indispensabile per lavorare anche in ambito tecnico-tattico nonché sulla dimensione psicologica».
Come si articola allora una sessione di riscaldamento ben eseguita? «Per quanto riguarda l’aspetto fisiologico, possiamo suddividere il riscaldamento in tre fasi consecutive ad intensità crescente – afferma il preparatore – La prima concerne una blanda attivazione muscolare finalizzata ad innalzare la temperatura corporea, che può essere perseguita tramite la pratica di attività aerobiche come una corsa lenta e continua oppure una sessione di cyclette. Per quanto riguarda i nostri giocatori poi, è contemplata anche qualche serie di tiri liberi a bassa intensità. A questa fase più blanda segue quindi un’attivazione muscolare più specifica, durante cui vengono eseguiti una serie di esercizi funzionali, di stretching statico o dinamico e di yoga (quest’ultima è una pratica comune nell’NBA), con l’obiettivo di aumentare la flessibilità e la mobilità articolare. Nello specifico, tengo a sottolineare come gli esercizi di allungamento muscolare consentano ai giocatori di trascorrere un momento di raccoglimento prima di entrare nel pieno dell’attività fisica, motivo per cui ritengo lo stretching un passaggio importante sia in relazione alla prevenzione degli infortuni, sia in termini di preparazione psicologica alla partita. Il riscaldamento si conclude quindi con una fase di riattivazione muscolare, attuata tramite l’esecuzione di una serie di esercizi di agilità (che nel nostro caso specifico corrispondono ad andature specifiche della pallacanestro) e quindi con una ripetizione ad intensità elevata del gesto tecnico».
Il riscaldamento diventa ancora più importante per chi ricomincia a fare sport dopo un periodo di inattività. Come bisogna comportarsi in questo caso? «Considerando che il riadattamento tendineo, articolare e muscolare richiede tempistiche già abbastanza lunghe nei professionisti, per coloro i quali riprendono la pratica di un’attività fisica dopo lungo tempo è consigliabile eseguire una ripresa graduale, in cui i carichi di lavoro, soprattutto inizialmente, siano naturali o leggerissimi – sottolinea il dott. Danesi – Uno scorretto o addirittura mancato riscaldamento pre-esercizio espone l’atleta, amatoriale e non, ad un aumentato rischio di infortuni. Nello specifico, in caso di patologia acuta di un giocatore di pallacanestro professionista, risulta di fondamentale importanza un lavoro sinergico, che coinvolga cioè sia lo staff medico, sia il fisioterapista, sia il preparatore atletico, il quale assegna ad ogni giocatore, sulla base delle problematiche individuali, un preciso modulo di esercizi da effettuare durante il riscaldamento».
Per cocludere, Matteo Acquati, membro dello staff medico dell’Olimpia Milano, aggiunge: «Nell’immediato la patologia acuta necessita però in maniera prioritaria di una gestione medica e fisioterapica. Oltre ad un periodo di riposo, viene infatti prescritto al giocatore un protocollo terapeutico che comunemente concerne l’applicazione del ghiaccio, la compressione (laddove si presenti un trauma di natura articolare) per prevenire il gonfiore, ed infine i presidi farmacologici, che comprendono nello specifico i farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS) somministrati sia a livello topico sia per via orale».