Sanihelp.it – È stato realizzato uno studio sui livelli di vitamina D su un campione di 167 giocatori di calcio professionisti al fine di favorire la salute fisica degli atleti. L’obiettivo dei ricercatori è stato quello di mettere in relazione i livelli di vitamina D nel sangue con quelli di molecole che indicano stress e danneggiamento muscolare, in tre differenti squadre italiane di calcio professionistico.
La ricerca è stata condotta dall’Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano guidata dal dottor Giovanni Lombardi, responsabile dell’Unità di biochimica sperimentale, dal dottor Jacopo Vitale, ricercatore del Laboratorio di meccanica delle strutture biologiche e dal professor Giuseppe Banfi, direttore scientifico dell’Istituto.
In particolare lo studio si è concentrato su un campione di 167 calciatori delle squadre di Bari, Lanciano e Pescara. È risultato che, nonostante i giocatori fossero giovani sportivi sani e praticassero l’attività all’aperto, 55 atleti presentavano livelli di vitamina D lievemente carente e 15 calciatori invece mostravano un deficit più marcato di vitamina D. Questo fattore potrebbe dipendere dagli intensi carichi di lavoro fisico dovuti alle sedute d’allenamento durante la stagione e anche alla scarsa esposizione al sole nel corso dei mesi invernali.
La ricerca, al fine di confermare l’influenza della diversa esposizione solare sullo stato fisico degli atleti, è stata realizzata analizzando tutti i parametri con un approccio cronobiologico, cioè in relazione alle condizioni atmosferiche e stagionali e al lasso temporale. È emerso un andamento ritmico della vitamina D durante il corso della stagione calcistica.
«L’aspetto realmente più significativo di questo studio scientifico è rappresentato dall’utilizzo di un approccio cronobiologico per comprendere, nel dettaglio, quali fossero le fluttuazioni stagionali della vitamina D in atleti professionisti. La cronobiologia, con il suo approccio ritmico, infatti può giocare un ruolo determinante nel comprendere al meglio quali siano i momenti critici e di maggiore stress fisico nel corso dell’anno, sia per gli sportivi ma anche per la popolazione più in generale. Con queste preziose informazioni lo staff medico ed atletico delle squadre professionistiche ha la possibilità di sviluppare le migliori strategie preventive, al fine di favorire la salute fisica degli atleti», spiega il dottor Jacopo Vitale, ricercatore del Laboratorio di meccanica delle strutture biologiche.
In sintesi le fluttuazioni di vitamina D sono simili a quelle del testosterone: abitualmente anche questo ha un picco estivo e opposte a quelle del cortisolo, che al contrario presenta un picco invernale. Ma cos’è il cortisolo? È un indice di stress psico-fisico. Al contrario il testosterone è un valore relativo a uno stato di anti-stress. Entrambi incidono sulle performance atletiche. La vitamina D è un ormone coinvolto in numerose funzioni essenziali dell’organismo: l’assorbimento del calcio e la formazione dell’osso, determina la forza e la contrazione muscolare e ha anche una funzione anti-ossidante. Succede che questi tre elementi sono associati, di conseguenza l’andamento di uno solo di questi elementi incide sugli altri. Al centro di questa correlazione c’è la vitamina D che aiuta a migliorare il rapporto tra cortisolo e testosterone. Infatti a un incremento della vitamina D corrisponde un aumento del testosterone e una diminuzione del cortisolo, responsabile dello stress fisico del giocatore.
Ne consegue che il livello di vitamina D possa dare un’indicazione sulle condizioni psico-fisiche del calciatore e sulla probabilità di subire infortuni. Insomma in futuro grazie al corretto approccio cronobiologico nello studio dei livelli di vitamina D si potrebbero adottare delle strategie di integrazione di questo ormone importante proprio per prevenire gli infortuni nell’atleta professionista e non solo: per limitare i danni cellulari dovuti all’infiammazione e ai radicali liberi in tutta la popolazione.