Disturbo da deficit di attenzione e iperattività
La malattia è anche conosciuta come:
ddai, sindrome da deficit di attenzione e iperattivit?
INDICE
L’ADHD, Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività, è una malattia vera che va trattata come tale, ma non sempre è facile riconoscerla. Ecco un approfondimento per capire meglio.
Categoria: Malattie neurologiche
Sigla: ADHD
Che cos’è – Disturbo da deficit di attenzione e iperattività
ADHD: che cos’è?
Non stanno mai fermi, non riescono a mantenere l’attenzione, non controllano la loro irruenza nei discorsi, nelle azioni, nel gioco: sono i bambini colpiti dal Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (ADHD), che interessa circa 400.000 bambini in Italia e quasi 5 milioni in America. La sua prevalenza è stimata tra il 3-5% della popolazione in età scolare, con maggiore riscontro nei maschi, mentre nelle forme particolarmente gravi la stima è dell’1%.
Il disturbo è molto complesso e di non facile soluzione, anche perché le sue cause non sono ancora ben note: si ipotizzano un fattore genetico, un’influenza del fumo in gravidanza, diverse alterazioni del sistema nervoso centrale (volumi inferiori di materia cerebrale, ridotto metabolismo cerebrale di glucosio o alterazione dei meccanismi noradrenergico e dopaminergico), addirittura un’intossicazione di TV e videogame. Mancano però le conferme.
Classificare l’ADHD come una patologia vera e propria è tuttora oggetto di dibattito e polemica nella comunità scientifica.
Gli scettici pensano che i sintomi, essendo troppo generalizzati, siano semplici segnali di vivacità del bambino. Tuttavia, molti psicologi e psicoterapeuti ritengono che esista comunque un limite oggettivo che discrimina un atteggiamento semplicemente ribelle e una personalità particolarmente forte da una situazione di patologia vera e propria: la presenza di una difficoltà non imputabile a un mero temperamento esuberante.
Inoltre, la validità dell’ADHD è stata ben riconosciuta dalle più importanti società scientifiche di psichiatria infantile americane (American Academy of Pediatrics, American Academy ofChild and Adolescent Psychiatry), europee (European Society for Child and Adolescent Psychiatry) e italiane (Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza).
Noi preferiamo dare spazio a tutte le voci, perché di fronte a queste tematiche la presenza di informazione è fondamentale: nel 1998, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, assumeva psicofarmaci l’1 per mille dei minorenni italiani. Oggi questa cifra è salita al 6 per mille: molto meno del 23, 7 per mille degli statunitensi, ma troppo perché si possa far finta di niente.
ADHD: i numeri della questione
11.000.000 = i minori che ogni anno utilizzano psicofarmaci negli USA
(fonte: NIMH, Nexus, Los Angeles Times)
20.000.000 = il numero di ricette compilate in USA ogni anno per la somministrazione degli psicofarmaci di tipo stimolante ai bambini
(fonte: British Medical Journal, Nexus)
10% = la percentuale della popolazione infantile USA che soffrirebbe di ADHD
(fonte: International Narcotics Control Board, OMS)
2 miliardi (di dollari) = il giro d’affari per la vendita di un’unica molecola (metilfenidato, nome commerciale Ritalin®) nei soli Stati Uniti
(fonte: DEA USA)
3 = il numero di mesi dopo i quali sono state rilevate alterazioni genetiche (triplicate le anormalità cromosomiche, con rischio cancro) nei bambini sottoposti a terapia a base di farmaci stimolanti per l’ADHD
(fonte: Università del Texas)
2% (pari a 170.000 unità) = la percentuale di minori italiani che soffrirebbero di ADHD secondo i risultati del progetto di screening Prisma
(fonte: Ministero per la Salute)
11 = le molecole antidepressive in uso in età pediatrica la cui somministrazione è stata interdetta in quanto ispiravano idee suicidarie (induzione al suicidio) nei bambini
(fonte: EMEA, Agenzia Europea per il Farmaco)
30.000 (in crescita) = i bambini italiani che ogni giorno assumono antidepressivi che inducono potenzialmente al suicidio
(fonte: Istituto Mario Negri di Milano)
25% = il numero di giovani pazienti che hanno dimostrato dipendenza (difficoltà a interrompere l’assunzione) di molecole antidepressive
(fonte: Ufficio studi Glaxo)
8 = l’età a partire dalla quale viene somministrato il Prozac® ai bambini
(fonte: EMEA)
20 = minimo uno per ogni regione, il numero dei Centri regionali per la somministrazione di psicofarmaci ai minori che il Ministero della Salute aveva dichiarato di voler attivare sul territorio italiano
(fonte: Istituto Superiore di Sanità, Ministero per la Salute)
1 = il registro nazionale dove verranno schedati i bimbi in terapia a base di psicofarmaci stimolanti (metaanfetamine)
(fonte: Istituto Superiore di Sanità, Ministero per la Salute).
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Prevenzione – Disturbo da deficit di attenzione e iperattività
Prevenire l’ADHD: si può?
Non esiste una prevenzione diretta per l’ADHD, né una classificazione dei fattori di rischio. Trattandosi di un disturbo a eziogenesi multifattoriale, e favorito da molte concause, è difficile tracciare l’identikit del bambino potenzialmente iperattivo o delle regole da seguire per evitare che lo diventi.
Tuttavia, gli esperti forniscono alcuni consigli di massima che possono essere utili alle famiglie che si trovano ad affrontare questo problema. Il primo è quello di informarsi adeguatamente prima di prendere qualsiasi decisione, confrontando diversi pareri per avere una maggior possibilità di una visione complessiva della questione che non tralasci alcun aspetto e che non sia minata all’interno da interessi secondari, per esempio di tipo commerciale od ambientale.
Gli strumenti e le opportunità esistono: si può fare affidamento ai servizi specialistici, anche territoriali, che si occupano di queste problematiche (e con diverse figure professionali), nonché al pediatra di famiglia e al medico di medicina generale: entrambi conoscono la storia del bambino, della famiglia e possono quindi valutare la situazione con i necessari elementi di giudizio e fornire indicazioni adeguate.
Uno sguardo attento da parte dei genitori, dei docenti e dei pediatri può favorire l’individuazione precoce delle difficoltà, e permette di individuare i percorsi di aiuto più idonei, senza giungere a situazioni così complesse da trasformarsi in veri casi clinici.
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Diagnosi di ADHD: gli strumenti
Quali sono le prove oggettive e scientifiche per arrivare a diagnosticare un bambino come iperattivo o ipercinetico?
- Interviste diagnostiche ai genitori: vengono poste domande che li incoraggiano a descrivere i bambini con un dettaglio sufficiente a stabilire se uno specifico sintomo (comportamento) è clinicamente significativo, anche considerando fattori che possano modificare la percezione da parte del genitore, quali ambiente sociale, livello culturale, pregiudizi ecc.
- Questionario per genitori e insegnanti: vengono usati i test su modello americano, che permettono di rilevare importanti informazioni sul comportamento sociale, accademico ed emotivo dei bambini di età compresa tra i 3 e i 17 anni.
- Valutazione delle abilità di lettura e calcolo. Uno dei frequenti motivi d’invio dei bambini con ADHD alle strutture sanitarie è costituito dalle difficoltà scolastiche. È necessario eseguire sui bambini in età scolare una rapida prova di screening delle abilità di lettura e comprensione del testo ed alcune semplici prove di calcolo aritmetico. Vengono fatti questi test tramite le Prove MT o tramite la batteria per la valutazione della dislessia.
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Sintomi – Disturbo da deficit di attenzione e iperattività
Vivacità o ADHD?
Il Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività è una sindrome tipica dell’età evolutiva, i cui sintomi compaiono al momento dell’iscrizione all’asilo o nei primi anni della scuola primaria. Il bambino affetto da ADHD manifesta una scarsa adattabilità alle regole sociali e un eccesso di disattenzione, iperattività e impulsività tali da compromettere le sue funzioni quotidiane.
Il bambino iperattivo ha difficoltà con la parola, e infatti la sostituisce con l’azione, che per questo motivo appare spesso sprovvista di un senso. Inoltre può essere in difficoltà con i limiti di spazio e di tempo, tendendo a occupare e invadere gli spazi degli altri. Spesso il piccolo malato di ADHD si porta dentro una consistente angoscia, e da questa fugge, tanto che ha difficoltà con il sonno perché è nel sonno che viene a contatto con le sue paure più intense e profonde.
A volte, però, può essere difficile distinguere un bambino vivace o semplicemente svogliato da uno affetto da ADHD, anche perché i sintomi sono mutevoli, cambiano con la crescita e spesso sono strettamente legati ad altri disturbi psicologico-relazionali o a difficili situazioni socio-familiari.
La compresenza dei seguenti sintomi, però, può fornire degli utili campanelli d’allarme: difficoltà nel mantenere l’attenzione su compiti e giochi per un tempo adeguato all’età, difficoltà a organizzarsi nei compiti e nelle attività, difficoltà ad attendere il proprio turno, irrequietezza motoria delle mani, delle gambe e di tutto il corpo, mancanza di continuità e perseveranza nelle attività, mancanza di autocontrollo sui versanti emotivo, motorio, cognitivo.
Inoltre, a differenza del bambino vivace che generalmente è un leader, le difficoltà comportamentali causano nei bambini affetti da ADHD problemi scolastici, conflitti familiari e compromissione nelle interazioni sociali che possono associarsi a rifiuto da parte dei compagni e degli adulti, con conseguente bassa autostima («Sono stupido, nessuno mi vuole»), che può presentare altre alterazioni psicopatologiche, quali disturbi d’ansia, depressivi e della condotta.
Di fronte a un quadro simile, è bene che genitori ed educatori prendano seriamente in considerazione il problema.
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La diagnosi di ADHD
La prima fase della procedura per diagnosticare un Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività è, come per tutte le patologie, l’anamnesi.
Vengono attentamente valutate le aree dell’attenzione, dell’inibizione alla risposta e del movimento; viene ascoltato il racconto del bimbo e confrontato con quello dei genitori, poi viene ascoltato il versante dell’ambiente scolastico e così si giunge a definire una mancanza di auto-regolazione nel comportamento.
In sede diagnostica vengono poi effettuate alcune indagini cliniche sul sistema nervoso centrale da parte di un’équipe di psicologi e neuropsichiatri infantili.
Su questo versante, i criteri di classificazione comunemente adottati presentano delle differenze, che possono giustificare discrepanze, talvolta notevoli, riguardanti la prevalenza del disturbo. Ad esempio, negli USA questa è stimata in media al 4% adottando i criteri del DSM-IV, mentre in altri Paesi che adottano criteri più restrittivi, tipo quelli dell’OMS – ICD 10 – tale percentuale scende all’1-2%.
Talvolta, quindi, il quadro può apparire talmente multiforme da rendere impossibile ricavarne un paradigma. Questo ha portato, nel tempo, a numerose critiche relative all’utilizzo di un sistema categoriale, basato su criteri di inclusione ed esclusione, per i disturbi propri dell’età evolutiva, che invece secondo molti neuropsichiatri sarebbero meglio definibili con approcci evolutivo-dimensionali.
Nel nostro Paese, nei confronti della diagnosi di ADHD, prevale l’adozione di un’attitudine di ragionevole dubbio o di un principio di cautela, che corrisponde poi a un atteggiamento generale di elementare prudenza sulle condotte terapeutiche, a partire dalla decisione di adottarle o meno, ed in particolare per quanto riguarda i trattamenti farmacologici.
Per ottenere una diagnosi completa, comunque, l’osservazione deve essere di tipo interdisciplinare, portata avanti cioè da uno staff di specialisti diversi (psicologo, pedagogista, logopedista, neuropsichiatra infantile, psicomotricista), allo scopo di avere un quadro attendibile e completo del caso e per comprendere quanto il disturbo interferisce nello sviluppo emotivo-affettivo del soggetto, quanto è di ostacolo all’apprendimento e ai processi di sviluppo.
Un’osservazione fondamentale è quella che riguarda la famiglia intera, che permette di integrare i dati conoscitivi, di comprendere le dinamiche relazionali familiari, di individuare possibili percorsi di aiuto alla famiglia e di chiarire i significati più profondi attribuibili ai sintomi che si manifestano nel comportamento del bambino.
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Cura e Terapia – Disturbo da deficit di attenzione e iperattività
Come curare l’ADHD
Per far fronte a una problematica di ADHD è fondamentale un intervento precoce e coordinato tra le diverse agenzie educative che costituiscono l’entourage del bambino (scuola, famiglia, oratorio, ambiente sportivo ecc.).
Particolarmente importante è la terapia psicologica, volta a insegnare al bambino a riconoscere e superare il deficit di auto-regolazione comportamentale e motoria.
«Invece di ricorrere a una medicalizzazione precoce e affrettata», spiega Emanuela Iacchia, Psicologa-Psicoterapeuta dell’età evolutiva e Socio Didatta SITCC (Società Italiana Terapia Cognitivo Comportamentale), «trovo più indicato un percorso psicologico di lavoro interiore che aiuti il ragazzo a riprendere il controllo di sé. Anche perché bisogna riconoscere che la terapia farmacologica è una strada difficile e faticosa sia per il bambino che per la sua famiglia, in quanto l’effetto del medicinale dura solo poche ore, esaurendosi nel giro della mattinata».
Il rischio della terapia farmacologia è che il bambino impari a vedere nel farmaco, quindi nello stupefacente, il rimedio per i suoi mali, una risorsa di benefici psico-fisici.
Tuttavia, i registri farmacologici statunitensi ed europei hanno approvato l’utilizzo di cinque principi attivi per la terapia dell’ADHD, in quanto la disfunzione delle molecole su cui agiscono tali farmaci (dopamina e noradrenalina) è stata ben documentata.
Il ricorso ai farmaci, comunque, dovrebbe essere giustificato solo in casi estremi e mai nelle prime fasi del disturbo, sebbene il metilfenidato, noto come Ritalin, venga somministrato in modo a volte discutibile negli Stati Uniti.
Nel nostro Paese esiste un forte dibattito sull’uso di queste sostanze. «Il ricorso al farmaco acquieta, o quasi, ogni interrogativo che l’entourage famigliare e sociale potrebbe e dovrebbe porsi, relativamente al diffondersi di questi disturbi», commenta Mario Tintori, psicologo e psicoterapeuta specialista in orientamento e counselling, «L’idea della patologia, utilizzata come fattore razionale di gestione e delimitazione del fenomeno e avallata, più o meno, da evidenze neurologiche, tende a risolvere il problema evitando il porsi di domande tipo: il bambino con il suo agitarsi ci vuole dire qualcosa? Sta esprimendo una domanda, una lamentela? C’è qualche ragione di ciò, nel clima socio-culturale nel quale viviamo?»
Il dibattito è aperto, ma una cosa è certa: gli interventi terapeutici richiedono una presa in carico globale del problema e un progetto integrato che coinvolga la famiglia, la scuola, l’extrascuola e il bambino stesso. La somministrazione farmacologica, quando presente, deve essere solo una scelta momentanea, un cerotto che tampona temporaneamente il dolore più acuto, ma che va levato il prima possibile non appena il ragazzo impara a farcela da solo, a camminare con le sue gambe senza ferirsi di nuovo.
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Psicofarmaci ai bambini: terapia o sedazione?
Uno dei punti controversi della questione ADHD riguarda l’approccio terapeutico, troppo spesso ridotto alla semplice somministrazione di farmaci. Gli oppositori alla terapia farmacologica sottolineano che, non solo questa viene adottata per un disturbo sul quale la comunità scientifica non ha ancora raggiunto un accordo unanime, ma anche che la stessa interviene solo sui sintomi della malattia senza provvedere a curarla.
Purtroppo, soprattutto negli Stati Uniti, stiamo assistendo a una preoccupante generalizzazione della terapia farmacologica in infanzia e adolescenza, con conseguenze negative sulla salute dei piccoli pazienti e sul loro equilibrio psicologico.
Tutti gli organismi che riconoscono l’esistenza dell’ADHD affermano che i farmaci vanno evitati per i casi più lievi, e che comunque devono essere sempre accompagnati dal sostegno psicologico. Di fatto, però, il ricorso al farmaco è la soluzione meno impegnativa e, secondo i maligni, l’unica che interessa agli inventori dell’ADHD (ipotesi avvalorata dai profitti in vertiginosa crescita delle aziende farmaceutiche).
Il farmaco più usato è il Ritalin (Novartis), il cui principio attivo è il metilfenidato, uno stimolante del sistema nervoso centrale. Il Ritalin discende da alcune
3″>394″>anfetamine in voga negli anni ’70 e giudicato in Italia fino al 2003 sostanza illegale, assimilabile alle droghe. Anche la DEA, Dipartimento Antidroga Americano, lo considera uno stupefacente.
Il Ritalin è il farmaco d’elezione per la terapia dell’ADHD in quanto in grado di attenuare le principali manifestazioni della sindrome, come distrazione, perdita di attenzione, impulsività, iperattività motoria e comportamento asociale.
Ma il metilfenidato tenderebbe a causare
3″>2904″>dipendenza e sono documentati casi di bambini, negli USA, che chiedevano ai medici somministrazioni di quantità sempre maggiori. Diversi studi hanno messo in relazione il suo uso con la tendenza al suicidio e con la tossicodipendenza in età adulta.
La lista degli effetti collaterali fa rabbrividire: alcuni sono indicati, in Italia, sia nel foglietto illustrativo del Ritalin, sia nel modulo di consenso informato dell’Istituto Superiore di Sanità, sia nel documento di Consensus che ha dato il via libera nel 2003 al riconoscimento dell’ADHD.
Le controindicazioni del farmaco sono state elencate da Peter Bruggin (Direttore del Centro di Studi Internazionale di Psichiatria e Psicologia, IPSS), e vanno dalle funzioni cardiovascolari (palpitazioni, tachicardia, arresto cardiaco) a quelle cerebrali e mentali (
3″>6029″>psicosi, allucinazioni, aggressività, depressione), a quelle endocrine e metaboliche (arresto o ritardo della crescita, disturbi sessuali ecc).
E recentemente è stato ritirato dal commercio anche un altro psicofarmaco correntemente utilizzato in fascia pediatrica per la cura dell’ADHD, il Cylert (principio attivo: pemolina), in quanto gravato da epatotossicità. La Abbott Laboratories ha cessato la produzione di questo stimolante del sistema nervoso centrale dopo che la FDA ha ricevuto 163 segnalazioni di reazioni avverse, 13 delle quali sono risultati fatali.
Smarrimento, disinformazione, fiducia in chi propone questi prodotti e amore per i propri figli: per tutti questi motivi oggi in America sono milioni i genitori che somministrano al proprio figlio questo medicinale, acquistabile con ricetta anche in Italia.
L’efficacia della cura con Ritalin è, secondo i critici, trascurabile: il bambino starà sì più tranquillo, ma i suoi risultati probabilmente non miglioreranno e, una volta finita la terapia e in assenza di interventi di tipo psicologico e pedagogico-didattico, il piccolo ricomincerà a esprimere la sua irrisolta irrequietezza.
Si può pertanto concludere che gli psicofarmaci non migliorano l’apprendimento scolastico, non curano la presunta patologia ADHD, piuttosto agiscono sui sintomi permettendo una migliore accettazione sociale dei bambini da parte degli adulti.
I casi importanti sotto il profilo clinico dovrebbero essere prioritariamente trattati con strumenti di carattere pedagogico, per i quali è in corso in Italia una codificazione sotto forma di protocolli standard di intervento specificatamente mirati.
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Per saperne di più – Disturbo da deficit di attenzione e iperattività
Un sito web per saperne di più
L’ADHD, Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività, è un disordine dello sviluppo neuropsichico del bambino e dell’adolescente caratterizzato da inattenzione, impulsività e iperattività.
In Italia la prevalenza del disturbo si attesta al di sotto dell’1%, mentre studi epidemiologici internazionali denunciano una prevalenza che varia tra il 4 e il 6%. Nel nostro Paese vi è un’incidenza minore effettiva o le diagnosi sono sottostimate? Quanto i genitori e gli insegnanti conoscono questo disturbo?
Informarsi in maniera corretta ed essere preparati non è semplice, un aiuto arriva dal sito www.adhdandyou.it, i cui contenuti sono stati validati da un Board di neuropsichiatri infantili provenienti da centri dedicati alla diagnosi e cura dell’ADHD. Il sito offre le informazioni fondamentali sul disturbo, le indicazioni su quando il comportamento del bambino può far nascere il sospetto di una sofferenza e a chi eventualmente rivolgersi.
Sul sito sono disponibili il numero verde dell’Istituto Superiore di Sanità, la rete dei centri specialistici dedicati alla presa in carico globale del bambino affetto dalla sindrome e i siti delle associazioni dei genitori con bambini affetti da ADHD.
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Glossario per Disturbo da deficit di attenzione e iperattività – Enciclopedia medica Sanihelp.it
Tag cloud – Riepilogo dei sintomi frequenti
difficoltà di comprensione
disturbi nella coordinazione dei movimenti
nervosismo