Conflitti neuro vascolari
La malattia è anche conosciuta come:
sindromi da compressione dei nervi cranici
I conflitti neuro-vascolari sono contatti tra nervi e vene o arterie, che a causa della compressione eccessiva causano disturbi diversi, come acufeni, emispasmi facciali e nevralgie.
Categoria: Malattie neurologiche
Che cos’è – Conflitti neuro vascolari
Cosa sono, quali sono le cause
Il conflitto neuro-vascolare è costituito dal contatto tra un nervo cranico e una grossa arteria o altre strutture venose, che determina alterazioni della mielina delle fibre nervose, cioè del loro rivestimento.
L’alterazione di questo rivestimento porta a un contatto diretto tra i neuriti, cioè tra fibre nervose contigue prima isolate tra loro. Il contatto si chiama sinapsi efaptica.
Si tratta di una specie di corto circuito, da cui partono impulsi sia verso la periferia che verso i centri. Questi ultimi vengono condizionati a una ristrutturazione funzionale e delle sinapsi interne, che scatena i sintomi del conflitto vaso-nervo.
Lo sviluppo di un contatto tra vaso e nervo può essere condizionato da vari fattori:
- l’allungamento delle arterie della fossa posteriore, dovuto all'età;
- fenomeni di arteriosclerosi, con deformazione delle arterie;
- fenomeno del brain sag, cioè del progressivo spostamento delle strutture nervose più in basso rispetto al cranio osseo, sempre dovuto all'invecchiamento;
- anomalie delle arterie endocraniche( per lunghezza, calibro, decorso etc).
Anche una discrepanza tra contenente e contenuto, per esempio una fossa cranica posteriore piccola o malformata, può, nel tempo, indurre un conflitto vaso-nervo.
Se a entrare in contatto sono un nervo e un'arteria, la sua pulsazione continua crea una compressione che può alterare il decorso del nervo, assottigliarlo o provocare altre lesioni anatomo-patologiche, riscontrabili con una risonanza magnetica nucleare.
Diverso il caso di contatto tra nervo e vene: le vene infatti sono soggette a flebili pulsazioni, ed esercitano il loro effetto provocando uno stiramento, detto grooving, che causa una indentatura della sostanza del nervo.
Fattori come sesso ed età sono rilevanti per lo sviluppo di alcuni conflitti dei nervi cranici: la genetica potrebbe influenzare una congenita disposizione dei vasi rispetto ai loro nervi più vicini.
di Angelo Gandolfi
Docente di Neurochirurgia Università degli Studi di Parma
Neurochirurgo al Rome American Hospital
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Per capirne di più: piccolo glossario
DECOMPRESSIONE NEURO-VASCOLARE: è l’intervento chirurgico, condotto col microscopio operatorio, durante il quale il vaso viene stabilmente allontanato dal nervo e fissato nella nuova posizione con colla di fibrina e falde morbide di teflon.
VIA E.L.I.S.A.: dall’inglese extreme lateral iuxtasigmoid approach, indica l’apertura della fossa posteriore, dietro l’orecchio e in vicinanza dei seni venosi, utilizzata negli interventi per non dover retrarre o spatolare il cervelletto.
ARTERIA CEREBELLARE ANTERO-SUPERIORE: è in genere la responsabile della nevralgia del trigemino, mentre quella media causa acufeni e vertigini. Quella posteriore inferiore, infine, provoca spasmi facciali, compressione dei nervi glossofaringeo e vago, e nevralgia glossofaringea. Anche l’arteria vertebrale, se particolarmente allungata e tortuosa, può provocare un conflitto vaso-nervo.
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Tipologie di conflitti – Conflitti neuro vascolari
Quel fastidioso fischio all’orecchio? Si chiama acufene
L’acufene, o tinnitus, è una sensazione sonora interna all’orecchio, in assenza di suoni esterni.
I suoi sintomi sono fischi, sibili e ronzii nelle orecchie, che possono essere percepiti solo da chi li riferisce (acufene soggettivo), o anche dall’esaminatore (acufene oggettivo).
La diagnosi viene effettuata utilizzando l’acufenometria e le otoemissioni acustiche (OEA).
E la cura?
I pazienti possono avvalersi di mascheratori, di protesi acustiche o di terapie psicodinamiche come la TRT (Tinnitus Retraining Therapy), che inducono non curanza del proprio disturbo.
Esistono anche terapie farmacologiche: i medicinali più utilizzati sono gli attivatori del circolo cocleare, gli omeopatici, gli anti epilettici e gli anestetici locali come la lidocaina, somministrati per via generale o installati direttamente nell'orecchio medio.
Sono utili anche vitamine, metalli e neurotrofici.
Gli acufeni oggettivi si risolvono invece eliminando la loro causa organica, che risiede nella coclea o nella via uditiva nervosa.
L’acufene del nervo acustico può essere curato con la microchirurgia: in assenza di conflitto con vasi sanguigni, viene praticata la sezione totale del nervo, specie con pre-esistente perdita uditiva, o la sezione parcellare di gruppi di fibre se la funzione uditiva è ancora rilevabile.
In caso di compressione tra nervo uditivo e un vaso sanguigno, riscontrabile con la risonanza magnetica, la microchirurgia determina comunque un completo successo dell’intervento nel 65,5% dei casi, e nel 94% includendo anche quelli con significativo miglioramento.
I risultati di queste operazioni sono valutati nel post-operatorio e a distanza di 6 mesi, mentre gli altri trattamenti devono prolungarsi per 2 anni o più.
Per la diagnosi e la cura degli acufeni, occorre rivolgersi a centri specializzati presso strutture universitarie convenziante o a istituti privati dove siano attivi specialisti otoiatri ed otoneurologi.
Per parlarne e ricevere informazioni, invece, esistono numerose associazioni di pazienti, reperibili anche nella rete web, che tengono conferenze e riunioni informando gli iscritti sugli sviluppi delle terapie del loro sintomo.
Scosse dolorose al viso: è la nevralgia del trigemino
La nevralgia del trigemino, detta anche Tic douloureux, è caratterizzata da un dolore improvviso al volto, simile a una scossa elettrica: dura pochi ma dolorosi secondi, e non è possibile bloccarla.
La causa è generalmente un contatto anomalo tra il nervo trigemino endocranico e un’arteria, che pulsandogli contro lo deforma in un conflitto vaso-nervo.
Questo disturbo può coinvolgere tutta l’emifaccia: la parte del volto più colpita è di solito la guancia o la mandibola, e con minor frequenza la regione oculare. Dopo l’attacco, sulle parti colpite compaiono delle zone trigger, o grilletto, che scatenano una nuova crisi se vengono toccate.
A causa di ciò, gesti quotidiani come radersi, lavarsi il viso e i denti, parlare o masticare diventano atti scatenanti, che spesso inducono il paziente a isolarsi dai contatti sociali fino a cadere in depressione.
Ogni anno si verificano 5-6 nuovi casi di nevralgia su 100.000 abitanti.
È possibile diagnosticare le caratteristiche cliniche della nevralgia del trigemino attraverso la risonanza magnetica nucleare (RMN), che fornisce un riscontro certo.
La terapia tradizionale si sviluppa in due fasi: in quella iniziale vengono somministrati farmaci antiepilettici, mentre in seguito si utilizzano metodi chirurgici. Tra i metodi semi-invasivi, in voga anni fa, ora in netto declino, si annovera la coagulazione termica, la micro-compressione del ganglio trigeminale di Gasser, l’immissione di glicerolo nel ricettacolo del ganglio e la sezione dei rami periferici del nervo.
Purtroppo le recidive sono frequenti, e possono lasciare un’area di fastidiosa insensibilità sul viso.
Oggi esistono nuove tecniche, di tipo microchirurgico, in grado di risolvere le cause della nevralgia: praticando la decompressione neuro-vascolare (DNV), l’arteria che comprime il trigemino viene riposizionata usando falde di Teflon, e il conflitto viene eliminato.
Questa terapia offre risultati migliori di quelle tradizionali: le recidive sono assai più rare, e la sensibilità del volto non viene alterata.
Se siete interessati, ricordate che la decompressione viene effettuata in molte delle strutture specializzate, sia pubbliche che private, per la cura delle patologie dei nervi cranici e per la microchirurgia funzionale della fossa posteriore.
Esistono anche numerose associazioni, reperibili sul web, di pazienti affetti da nevralgia del trigemino: gli iscritti vengono informati sulle terapie in uso, e ognuno apporta la propria esperienza ottenendo un supporto psicologico.
del Prof. Angelo Gandolfi
Neurochirurgo e Otoneurochirurgo al Rome American Hospital (RAH), ROMA
Docente di Neurochirurgia Università degli Studi di Parma
Docente di Neurologia dei Nervi Cranici e Chirurgia Otoneurologica, Scuole di Specializzazione, Università di Roma Campus Bio-Medico, ROMA.
Emispasmo facciale, affrontiamolo a viso aperto
L’emispasmo facciale (HSF) è un sintomo analogo alla nevralgia del trigemino, ma che colpisce il nervo facciale, un nervo essenzialmente motore.
Durante l’attacco i muscoli del volto subiscono contrazioni spasmodiche e disfiguranti, che possono coinvolgere solo l’occhio e le labbra o tutta la muscolatura mimica di metà faccia.
A livello diagnostico è possibile individuare due forme di emispasmo facciale: quello tipico e quello atipico.
Nella forma tipica le contrazioni muscolari iniziano dal muscolo orbicolare dell’occhio, per poi estendersi progressivamente all’orbicolare della bocca e al muscolo platisma nel collo.
Nella forma atipica, invece, le prime contrazioni si evidenziano dall’orbicolare della bocca e si estendono poi all’orbicolare dell’occhio.
Il manifestarsi di una forma o dell’altra dipende dal luogo specifico di compressione della radice del nervo (Root Exit Zone) al tronco encefalico.
L’emispasmo facciale, quando conclamato, è una patologia in grado di alterare la vita sociale del paziente: le contrazioni del volto, insistenti e prolungate perché di tipo tonico-clonico e successivamente anche solo toniche, alterano il viso in una smorfia estesa a metà volto.
Esiste però una possibilità di guarigione permanente: l’intervento microchirurgico di decompressione vascolare.
Si tratta dello stesso trattamento usato per la nevralgia del trigemino, ma praticato utilizzando la via retro-sigmoidea laterale (via E.L.I.S.A.).
La radice emergente del nervo facciale viene decompressa, e l’arteria che pulsa in posizione di conflitto viene fissata stabilmente lontano dal nervo.
Il 95-98% degli interventi effettuati finora ha avuto successo senza bisogno di cure ulteriori. La risoluzione dello spasmo è immediata o può manifestarsi a distanza di alcune settimane.
Come metodo alternativo si usa la tossina botulinica, che indebolisce lo spasmo bloccando le giunzioni neuro-muscolari: le applicazioni però devono essere ripetute, e perdono efficacia nel tempo.
del Prof. Angelo Gandolfi
Neurochirurgo e Otoneurochirurgo al Rome American Hospital (RAH), ROMA
Docente di Neurochirurgia Università degli Studi di Parma
Docente di Neurologia dei Nervi Cranici e Chirurgia Otoneurologica, Scuole di Specializzazione, Università di Roma Campus Bio-Medico, ROMA.
Tel. 335-6058400 Per inviare un'e-mail cliccare sul nome.
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Nevralgia glossofaringea: cos’è, come curarla
Questo tipo di nevralgia si caratterizza per la presenza di un dolore acuto e folgorante, in genere unilaterale, nella regione della tonsilla palatina e della parete posteriore della faringe.
Il nervo glossofaringeo infatti innerva la parete posteriore della faringe e la regione tonsillare.
La crisi di dolore è per lo più scatenata dalla deglutizione o dall’ingestione di cibo, liquidi e saliva, ma si può anche manifestare spontaneamente.
In alcuni casi si combina a un dolore acuto nella profondità dell’orecchio e nella regione davanti al padiglione auricolare.
La nevralgia glossofaringea viene diagnosticata in base ai dati clinici, alla storia del paziente, e per il fatto che la stimolazione della faringe dal lato interessato scatena un violentissimo dolore alla gola.
La causa prima va ricercata in un conflitto vascolare tra il nervo glossofaringeo (e a volte le prime 2-3 radici del nervo vago alla loro emergenza dal tronco) e l’arteria cerebellare postero-inferiore (P.I.C.A.) o l’arteria vertebrale.
L’attacco può anche scatenare una sincope, con improvvisa caduta a terra e perdita di coscienza: ciò è dovuto al blocco del nodo del seno, provocato dalla diffusione dello stimolo nervoso a un ramo del glossofaringeo detto nervo di Hering.
In questo caso non allarmatevi: la ripresa del paziente avviene nel giro di pochi secondi.
La terapia medica prevede l’utilizzo di farmaci antiepilettici, ma con scarsi risultati.
La chirurgia invece consiste nella decompressione del vaso in conflitto col nervo, sempre per via retrosigmoidea laterale (via E.L.I.S.A.), ma più in basso rispetto all’accesso per il nervo trigemino.
In caso di decompressione del nervo glossofaringeo viene generalmente utilizzato il Teflon morbido per stabilizzare il vaso nella nuova posizione.
É anche possibile praticare la sezione del nervo,senza residui di rilievo.
del Prof. Angelo Gandolfi
Neurochirurgo e Otoneurochirurgo al Rome American Hospital (RAH), ROMA
Docente di Neurochirurgia Università degli Studi di Parma
Docente di Neurologia dei Nervi Cranici e Chirurgia Otoneurologica, Scuole di Specializzazione, Università di Roma Campus Bio-Medico, ROMA.
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Cura e Terapia – Conflitti neuro vascolari
Novità sulla nevralgia del trigemino
Nel tentativo di rendere sempre meno traumatizzante l’atto chirurgico della decompressione vascolare, sono state messe a punto numerose tecniche di intervento per la cura della nevralgia del trigemino (tic douloureux).
La più utile è la decompressione vascolare semplice (simple vascular decompression), praticata sempre attraverso la via E.L.I.S.A.
In pratica, il vaso viene liberato e allontanato dal nervo senza che il trigemino venga traumatizzato con l’inserzione di qualche materiale.
Al fine di evitare recidive da contatto con tale materiale, l’unico elemento inserito è uno sling di gomma morbida, applicato ben lontano dal trigemino, che ha il compito di creare quei millimetri di spazio preziosi per eliminare il conflitto.
Con questa tecnica si riduce al minimo l’utilizzo del teflon, che può causare granulomi; al massimo possono rendersi necessari soltanto minuscoli frammenti di teflon e colla di fibrina per stabilizzare la sutura dello sling.
Talvolta, per ristrettezza di spazio disponibile, non si esegue la sutura dei capi dello sling: gli estremi del vaso vengono allora incollati al tentorio con abbondante colla di fibrina, e ricoperti da una piccola falda di Surgicel per favorire la cicatrizzazione. A questo punto l’intervento è concluso.
La decompressione vascolare semplice, insomma, risolve il problema dell’eliminazione di tutte le pulsioni del vaso sul nervo, cosa che prima non era garantita dall’inserimento di un cuscinetto tra vaso e nervo.
Diversamente dalla tecnica precedente, che coinvolgeva le 2 strutture insieme, questa operazione agisce SOLO sui vasi responsabili della compressione, allontanandoli il più possibile dal nervo e stabilizzandoli nella nuova posizione.
La sling assisted and glue linked simple vascular decompression si rivela il metodo meno traumatico per il nervo, rapido e di certa durata nel tempo.
La metodica consente anche di dimettere i pazienti operati dopo due soli giorni di decorso post-intervento.
Prof. Angelo Gandolfi
Neurochirurgo ed Otoneurochirurgo al Rome American Hospital
Docente Universitario di Neurochirurgia, Neurologia dei nervi Cranici* e Chirurgia Otoneurologica* (Parma / Roma*)
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Novità sui conflitti vascolo – troncoencefalici (CVTE)
Come è noto da anni, una compressione pulsante da parte di una arteria sulle radici del nervo glossofaringeo e del nervo vago può essere causa di una ipertensione arteriosa neurogena intrattabile dal punto di vista medicamentoso.
Questa situazione, unita a una compressione del tessuto nervoso, prende il nome di conflitto vascolo-troncoencefalico (CVTE).
Ma cosa succede esattamente?
L’arteria comprime il tessuto nervoso fino creare un groove, cioè un proprio canale scavato nella sostanza nervosa, che viene pertanto compressa e deformata.
Questo può innescare una catena di eventi neurologici di tipo ischemico, sia a carico dei nuclei dei nervi cranici che delle vie ‘lunghe’, cioè dei fasci nervosi sensitivi e motori.
Oltre agli attacchi ischemici, altri sintomi sono le ipoestesie o anestesie che coinvolgono una metà del corpo, e le paresi o paralisi che colpiscono il lato opposto in modo transitorio, unitamente a vario coinvolgimento dei nuclei dei nervi cranici propri del tronco.
Queste sindromi del troncoencefalo, normalmente interpretate su una base vascolare, sono causate non dall’insufficienza vascolare vertebro-basilare, non dalla sclerosi multipla o forme demielinizzanti, non da neurassiti virali, ma da un conflitto vascolare.
Spesso però per arrivare a questa diagnosi ci vogliono anni di indagini.
Una volta individuato il conflitto, si interviene con una decompressione vascolare microchirurgica per eliminare il vaso che lo causa.
In questo modo si ripristina la disponibilità di spazio attorno ai nervi e al troncoencefalo stesso.
La tecnica in genere utilizzata per questo tipo di interventi è la tecnica di trasposizione (transposition technique o dislodging technique): il vaso viene contornato con una sling, cioè una fettuccia di materiale plastico (goretex o altro), e ancorato alla dura madre con colla biologica o un finissimo punto di seta.
Questa nuova tecnica di retrazione e dislocamento dell’arteria ha il compito e la funzione di tenere nella nuova posizione, sollevato dal tronco, il vaso in questione, liberando quindi gli elementi neurali da una compressione paragonabile a quella data da un tumore.
Prof. Angelo Gandolfi
Neurochirurgo ed Otoneurochirurgo al Rome American Hospital
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Novità sul neurinoma dell’acustico
Lo schwannoma vestibolare, in termini più semplici neurinoma del nervo acustico, è una patologia che coinvolge strutture di alta complessità come i nervi cranici, che giocano un ruolo di primaria importanza nelle funzioni nervose superiori e in modo particolare in quella UDITIVA.
Per questo il tentativo di preservare questi nervi è così importante: poter conservare l’udito una volta rimosso il tumore è la richiesta principale di chi si sottopone a un’operazione di questo tipo.
Tuttavia le problematiche techiche e relativie difficoltà non sono poche.
Nel trattamento chirurgico del neurinoma, la via chirurgica oggi praticata per la conservazione dell’udito si chiama extreme lateral iuxta sigmoid approach (via E.L.I.S.A. secondo A.Gandolfi).
Questa tecnica, costituita da un accesso alla regione del tumore, assai laterale nella base cranica posteriore, offre due vantaggi: la massima protezione del cervelletto, e la massima esposizione del tumore, delle strutture vascolari e di quelle nervose.
In questo modo è possibile isolare il neurinoma e tentare di preservare la struttura anatomica del nervo facciale e di quello uditivo, in modo da mantenere le loro funzioni dopo l’operazione.
Ma se il tumore è grande (3 – 4 centimetri), come si può pensare di salvare le fibre uditive compresse e devascolarizzate dalla crescita tumorale? Spesso i tentativi sono destinati a fallire.
Per questo si possono proporre modifiche tecniche alla via E.L.I.S.A., consistenti nell’allargare la via di accesso interrompendo il seno sigmoide dal lato del neurinoma, se possibile dai dati agiografici pre-operatori.
In questo modo si possono identificare molto meglio i piani di separazione della capsula del tumore dal cervelletto ed avvicinarsi di più alla porzione laterale dello stesso, a livello del condotto uditivo interno.
Quindi, dopo aver verificato con l’angiorisonanza che l’altro seno venoso sia pervio, la via di accesso combinato ELISA/ transigmoidea (ELISA / TS) sarà molto più sicura di quella tradizionale.
In caso di neurinomi ancora più grandi, che non abbiano però provocato una perdita uditiva profonda, propongo ai pazienti un intervento in due stadi: nel primo stadio, sempre con via ELISA / transigmoidea, si toglie quanto più tumore possibile, lasciando possibilmente intatti i nervi.
In un secondo stadio, anche a distanza di molti mesi, si riapre la ferita precedente e si procede all’asportazione totale della neoplasia. La rimozione del tessuto residuo, e la possibile separazione dei nervi, saranno meno traumatiche.
Per compiere tali operazioni, è necessario che il neurinoma dell’acustico torni di piena competenza del micro-neurochirurgo, che ha esperienza di nervi e di chirurgia del sistema nervoso. Senza dimenticare la sorveglianza neurologica post-operatoria più adeguata del paziente operato e delle possibili complicanze.
Prof. Angelo Gandolfi
Neurochirurgo ed Otoneurochirurgo al Rome American Hospital
Docente Universitario di Neurochirurgia, Neurologia dei nervi Cranici*
e Chirurgia Otoneurologica* (Parma / Roma*)
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Arriva il dispositivo anti-acufene
In Italia le persone che soffrono di acufeni sono in continuo aumento e raggiungono quasi il 7% della popolazione adulta. L’acufene è una sensazione uditiva soggettiva non collegata a una sorgente sonora presente nell'ambiente esterno che comporta notevoli disagi: infatti chi soffre di tinnito perde spesso la gioia di vivere e la speranza di migliorare. Il tinnitus può essere causato da diversi fattori tra i quali l’inquinamento acustico e i traumi da scoppio, responsabili nel 30% dei casi, problemi circolatori o da ipoacusia.
Per trattare il tinnito Medtrade presenta TinniTool®, un dispositivo medico con tecnologia elvetica appartenente alla classe II A in grado di trattare il tinnito, mediante l’applicazione terapeutica di laser a basso dosaggio, ovvero con una potenza di 5 mW (che ne consente un uso domiciliare) e una lunghezza d'onda di 650 nanometri.
TinniTool®, progettato per essere usato comodamente a casa o in ufficio in modo sicuro e indolore, è formato da un corpo emittente e da un dispositivo trasduttore in fibra ottica, da applicare all’orecchio. Grazie al semplice utilizzo e alle dimensioni ridotte, può essere adoperato da chiunque e in qualsiasi fascia d’età. La sua azione è per molti versi paragonabile alla fotostimolazione del metabolismo cellulare riscontrabile in natura nella produzione di 3″>7569″>vitamina D, per effetto dei raggi solari sulla cute.
Come funziona TinniTool®? Il raggio laser, che nelle terapie a basso dosaggio è divergente, penetra per 16 mm negli strati più profondi del derma, agendo sotto forma di biostimolazione curativa, direttamente sul metabolismo nel tessuto connettivo, e irradiando efficacemente un’area di 2 cm cubici. Questo comporta la rapidissima rigenerazione delle cellule, la stimolazione del 3″>3656″>sistema immunitario, l’accelerazione della divisione cellulare e l’attivazione di alcuni mediatori intercellulari. Il principio di TinniTool® consiste nel proiettare l’energia necessaria in modo concentrato e preciso sul punto malato, mediante il dispositivo in fibra ottica che viene applicato all’orecchio per mezzo di un apposito auricolare.
Il trattamento laser, utilizzato con successo in cliniche e ambulatori, è stato sottoposto ad accurati test ed è avvalorato scientificamente da diversi studi clinici. TinniTool® ha ottenuto la certificazione CE come dispositivo medico (EN 60601-1 1996) e di sicurezza per apparecchiature laser (EN 60825-1 1994). Inoltre, anche indagini di mercato svolte da fonti autorevoli come il prestigioso Istituto Svizzero di Ricerche di Mercato Iha-Gfk, testimoniano attraverso dati molto significativi la reale efficacia di TinniTool®.
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Glossario per Conflitti neuro vascolari – Enciclopedia medica Sanihelp.it
Tag cloud – Riepilogo dei sintomi frequenti
contrazione muscolare del volto
scossa dolorosa al volto
scosse
fischio all’orecchio