diminuzione o soppressione del flusso di sangue in un determinato distretto corporeo, che provoca uno stato di sofferenza nei tessuti non più sufficientemente irrorati in rapporto alle loro esigenze metaboliche, fino alla compromissione degli organi coinvolti (per esempio, infarto). La causa immediata è sempre un restringimento o un’occlusione del lume delle arterie, prodotto da contrazione della parete muscolare, da compressione dall’esterno, diretta o indiretta (tumori, cicatrici, legature ecc.), da ispessimento della parete arteriosa (arteriosclerosi, tumori, processi infiammatori e degenerativi), da ostruzione del lume vasale (trombi, emboli, parassiti). Un’ischemìa transitoria può verificarsi, senza modificazioni del lume dei vasi afferenti, per l’improvviso richiamo di una grande quantità di sangue in un altro distretto vasale, vicino o lontano; così si spiegano le ischemìe cerebrali in seguito all’improvviso afflusso di sangue nei vasi della cute durante un bagno molto caldo. I danni provocati dall’ischemìa sono in rapporto alla sua entità e al vaso colpito, alla durata, alle esigenze del tessuto ischemizzato (miocardio e tessuto nervoso sopportano un’ipossia di brevissima durata) e allo stato precedente del tessuto interessato. Esempi di ischemìa temporanea sono il formicolio degli arti se mantenuti in posizioni coatte, la vasocostrizione da freddo, la claudicatio intermittens (zoppicamento intermittente) in corso di arteriopatia obliterante degli arti inferiori, l’ angina pectoris, l’ angina abdominis e la malattia di Raynaud. Tra le ischemìe permanenti gli infarti sono le evenienze più gravi ( infarto miocardico, cerebrale, polmonare, intestinale ecc.).