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ictus

COLLEGAMENTI

La malattia è anche conosciuta come:
apoplessia, colpo apoplettico, ictus cerebrale, stroke, accidente cerebrovascolare, brain attack


In latino ictus significa colpo. Arriva improvviso, colpisce il cervello e può far registare cause ed entità diverse, ma ha un’unica terribile conseguenza: può portare la morte, subito o dopo settimane

Categoria: Malattie cardiovascolari
Sigla: AVC

Che cos’è – Ictus

L’ictus cerebrale è l’evento che si manifesta in seguito all’improvvisa chiusura o rottura di un vaso cerebrale. Da qui la scelta del termine, che in latino significa colpo.
L’ictus può manifestarsi per due motivi: la chiusura di un’arteria cerebrale, oppure la sua rottura, generalmente provocata da un’eccessiva pressione arteriosa. Nel primo caso, si parla di ischemia cerebrale, o di ictus ischemico, che rappresenta l’85% di tutti i casi di ictus cerebrale. L’arteria si può chiudere perché si forma al suo interno un coagulo, detto trombo, oppure perché viene raggiunta da coaguli, detti emboli, partiti dal cuore o dalle grosse arterie del collo (embolia cerebrale). Infine, l’occlusione di un’arteria cerebrale può essere provocata da un’irregolarità preesistente della parete dell’arteria stessa, detta placca ateromasica. In tutti questi casi, le cellule cerebrali smettono di ricevere ossigeno e nutrimento, perdendo le loro funzioni e andando incontro a sofferenza e alla morte. Nei casi più gravi, l’ ictus ischemico può presentare emorragie nel proprio ambito, dovute alla lesione dei vasi secondaria all’ischemia: si tratta di Ictus ischemico con infarcimento emorragico. Nel caso di una vera e propria rottura di un’arteria cerebrale, invece, si parla di emorragia cerebrale, che costituisce il 15% dei casi di ictus cerebrale. In questo caso, le cellule nervose del cervello non soffrono solo perché non ricevono più sangue, ma anche perché il sangue fuoriuscito comprime il tessuto cerebrale circostante e può provocare infezioni. L’emorragia cerebrale generalmente ha due cause: la rottura di una piccola arteria profonda, tipica dell’anziano, e la rottura di un’aneurisma cerebrale, tipica del giovane. Esistono poi alcune cause minori di ictus cerebrale, che colpiscono soprattutto i giovani. Si tratta di difetti congeniti della coagulazione del sangue, di malattie reumatologiche, oppure della presenza di un piccolo foro tra i due atri del cuore, chiamata previetà del forame ovale. In questo caso, possono formarsi dei piccoli trombi a livello del forame stesso, che passano poi nel circolo sanguigno e raggiungono l’encefalo generando eventi ischemici. Ciò succede spesso in coloro che già presentano una maggiore coagulazione del sangue, detta trombofilia, per esempio a causa del fumo, dell’assunzione della pillola anticoncezionale estro-progestinica o dell’emicrania cronica.

Un po’ di numeri

L’ictus cerebrale in Italia rappresenta la terza causa di morte, dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie, e la prima causa assoluta di disabilità.
Nel nostro Paese, ogni anno, circa 185.000 persone vengono colpite da ictus cerebrale. Di queste, 150.000 sono nuovi casi, mentre 35.000 sono gli ictus che si ripetono dopo il primo episodio. L’incidenza è proporzionale all’età: è bassa fino a 40-45 anni, poi aumenta gradualmente per impennarsi dopo i 70 anni, soprattutto tra gli uomini. Il 75% dei casi di ictus riguardano persone con più di 65 anni, e l’incidenza media, cioè i nuovi casi registrati ogni anno nella popolazione generale, è di circa 220 casi su 100.000 abitanti, con punte di 280 casi tra gli ultraottantenni.
Ciò significa che, ogni anno, un medico di famiglia italiano assiste almeno 4-7 pazienti colpiti da ictus cerebrale, e ne segue almeno una ventina sopravvissuti con esiti invalidanti. Il 10-20% delle persone colpite per la prima volta da ictus muore entro un mese, e un altro 10% entro un anno. Tra i restanti, circa un terzo sopravvive con un grado di disabilità talmente elevato da essere non autosufficiente, un terzo presenta un grado di disabilità lieve o moderata che gli permette di tornare a essere parzialmente autonomo, e un altro terzo, che comprende i più fortunati colpiti in forma lieve, torna autonomo al proprio domicilio.
La disabilità, dunque, è una conseguenza non trascurabile della malattia. Si calcola che la spesa per la fase acuta dell’ictus, ovvero il ricovero, rappresenti solo un terzo del totale della spesa dovuta alla malattia, mentre la restante parte è legata ai costi di invalidità, quali ricoveri in strutture assistenziali, perdita del lavoro e impegno della famiglia. Questa spesa si può stimare intorno ai 100.000 euro per gli anni successivi alla fase acuta di ciascun paziente sopravvissuto.

Prevenzione – Ictus

Mentre le possibilità di intervento acuto una volta che si è manifestato l’ictus sono limitate, le possibilità di prevenzione sono notevoli e devono essere sfruttate.
L’importante è cominciare prima, quando si è sani, seguendo queste dieci regole:

  1. Controlli periodici. Soprattutto in caso di elevato rischio, e comunque dopo i 60 anni, è bene effettuare visite periodiche presso il proprio medico di base, che provvederà a verificare il vostro profilo di rischio vascolare.
  2. Non fumare. Il fumo favorisce l’ostruzione delle arterie, che è la prima causa di ictus cerebrale.
  3. Fare sport. Praticare quotidianamente attività fisica moderata, ad esempio una passeggiata con passo spedito per 30 minuti.
  4. Controllare il peso. Evitare l’aumento ponderale con misure dietetiche e attività fisica. Nei soggetti in soprappeso, la riduzione del peso corporeo ha effetti positivi sulla pressione arteriosa, sul diabete e sui grassi nel sangue.
  5. Limitare l’alcol, in modo da non superare 2 bicchieri di vino o due lattine di birra per gli uomini, e la metà per le donne.
  6. Correggere l’alimentazione. Ridurre il consumo di grassi e condimenti di origine animale, aumentare il consumo di pesce quale fonte di grassi polinsaturi, di frutta, verdura, cereali intergali e legumi quale fonte di vitamine e antiossidanti.
  7. Limitare il sale. L’assunzione quotidiana di sale nella dieta deve essere ridotta a meno di 6 grammi, soprattutto in presenza di ipertensione arteriosa.
  8. Controllare la pressione. Nei soggetti con ipertensione arteriosa, qualora le modificazioni alimentari e dello stile di vita non siano sufficienti, è indicato il ricorso ai farmaci ipertensivi. I valori consigliati sono inferiori a 140/90 mmHg e a 130/80 mmHg nei diabetici.
  9. Controllare la glicemia. Eseguire periodici controlli della glicemia per diagnosticare precocemente la presenza di diabete. Nei diabetici la riduzione del peso corporeo, le modificazioni dello stile di vita e il controllo degli altri fattori di rischio devono essere particolarmente accurati.
  10. Attenzione alla fibrillazione atriale. Per prevenire l’ictus nei soggetti con fibrillazione atriale è indicata l’assunzione di farmaci anticoagulanti nei pazienti di età superiore ai 65 anni e in quelli che hanno già avuto un ictus ischemico cerebrale. Negli altri casi è utile assumere acido acetil-salicilico (la comune Aspirina). La scelta del farmaco deve comunque essere fatta dal medico curante.

I fattori di rischio per l’ictus

I fattori di rischio per l’ictus di dividono in modificabili e non modificabili. Tra i primi ricordiamo:


Età. Rappresenta il fattore più importante, visto che l’incidenza di ictus aumenta drasticamente soprattutto dopo i 65 anni. L’ictus è quindi una patologia particolarmente significativa nella popolazione anziana. Dopo i 55 anni il rischio di ictus raddoppia al passare di ogni periodo di 10 anni, per entrambi i sessi. A 80 anni il rischio è 30 volte maggiore rispetto a quello corso a 50 anni.
Sesso. I maschi mostrano un tasso di incidenza di 1,25 rispetto alle donne, ma poiché queste sopravvivono più a lungo, la mortalità annua per ictus vede prevalere il sesso femminile.
Predisposizione ereditaria. Sulla base di studi di popolazione, studi familiari e studi su gemelli, è possibile affermare che tra i fattori di rischio emergenti un ruolo importante è giocato dalla genetica. Una storia familiare positiva per malattia cerebrovascolare è spesso considerata un fattore di rischio per ictus.
 
I cinque più importanti fattori di rischio modificabile per l’ictus cerebrale sono invece rappresentati da:
Elevati valori di pressione arteriosa. Valori superiori a 140 mmHg di sistolica e 90 mmHg di diastolica sono il più importante fattore di rischio, in quanto predispongono sia all’ictus ischemico che all’ictus emorragico.
Elevati valori di glicemia a digiuno (superiore a 110 mg/dl) e diabete mellito superiore a 126 mg/dl.
Alterazioni dei grassi nel sangue, in modo particolare dei livelli di colesterolo. Particolarmente dannoso è il colesterolo LDL o colesterolo cattivo, mentre protettivo è il colesterolo HDL o colesterolo buono.
Fumo di sigaretta. Il rischio aumenta in proporzione al numero di sigarette fumate.
Fibrillazione atriale. Si tratta di un disturbo del ritmo cardiaco per cui si formano dei trombi nelle cavità cardiache, che possono dare origine a degli emboli che occludono le arterie cerebrali provocando un ictus ischemico
 
Altri fattori di rischio meno diretto, ma non per questo meno importante, sono l’inattività fisica, l’obesità, l’eccessiva assunzione di alcol e l’errata alimentazione (vedi il decalogo sulla prevenzione).
Infine, sono stati descritti altri fattori che probabilmente aumentano il rischio di ictus, ma che al momento non appaiono completamente documentati come fattori di rischio. Si tratta di dislipidemia, alcune cardiopatie (forame ovale pervio, aneurisma settale), placche dell’arco aortico, uso di contraccettivi orali, terapia ormonale sostitutiva, sindrome metabolica, emicrania, anticorpi antifosfolipidi, fattori dell’emostasi, infezioni, uso di droghe e inquinamento atmosferico.

Ictus: questionario del rischio

I fattori di rischio per l’ictus cerebrale sono un nemico insidioso, perché spesso agiscono nell’ombra senza dare disturbi evidenti.
Inoltre, molti soggetti con ipertensione arteriosa, diabete e aumentati livelli di colesterolo nel sangue non sanno di esserne portatori, e spesso lo scoprono solo a ictus già avvenuto.
Per evitare che questo accada, dobbiamo prendere coscienza del problema: prevenire l’ictus dipende soprattutto da noi stessi, dalla nostra informazione in merito e da quanto teniamo sotto controllo la nostra salute.
Per capire se è il caso di fare indagini approfondite, un buon punto di partenza può essere il questionario del rischio. Basta rispondere sinceramente a queste domande:
– Hai più di 55 anni?
– La tua pressione arteriosa supera 140/90?
– Soffri di diabete e la tua glicemia supera i 26 mg/dl?
– Fumi o hai smesso di fumare da meno di un anno?
– Fai poca attività fisica?
– Superi di 10 kg il tuo peso ideale?
– Nella tua famiglia qualcuno è stato colpito da ictus?
– Hai avuto in passato un attacco ischemico transitorio o un ictus?
– Hai mai sofferto di infarto o malattie coronariche?
– Soffri di fibrillazione atriale?
Se hai risposto sì a più di due domande, potresti essere a rischio di ictus o di infarto miocardio. Parlane con il tuo medico di fiducia.

Sintomi – Ictus

Le manifestazioni dell’ictus possono essere molto variabili, a seconda della zona del cervello colpita, della sua estensione e della velocità con la quale il vaso arterioso si chiude.
La forma più frequente è l’improvvisa insorgenza di una emiplegia, cioè di debolezza o completa incapacità a muovere una metà intera del corpo e difficoltà a deglutire.
Se il lato del corpo paralizzato è quello destro, alla paralisi motoria spesso si accompagna un disturbo del linguaggio detto afasia. Se invece il lato paralizzato del corpo è quello sinistro, si possono avere disturbi del comportamento quali agitazione e incapacità di riconoscere di essere ammalati o di riconoscere i propri cari.
I disturbi della memoria sono presenti quasi invariabilmente. Infine, se viene colpita la parte posteriore del cervello, i sintomi più importanti sono legati a difetti visivi, come non vedere più da un lato o avere una zona scura al centro del campo visivo. Spesso sono presenti anche disturbi dell’equilibrio, vertigini, nausea e sonnolenza.
L’ictus può interessare zone molto vaste del cervello, provocando immediata perdita di coscienza del paziente, oppure colpire zona limitate. In questo caso si parla di infarto lacunare, che generalmente interessa aree cerebrali situate in profondità. I sintomi possono anche non essere evidenti, perchè non coinvolgono il movimento ma il comportamento, le emozioni e la memoria, che a lungo andare si possono deteriorare andando incontro a demenza vascolare.
Spesso l’ictus non si presenta all’improvviso, ma preceduto da una serie di segni premonitori. Saperli riconoscere è molto importante per intervenire in tempo, scongiurando le conseguenze più gravi e spesso anche la morte. Il ricovero immediato presso strutture specializzate però può evitare un aggravamento dei sintomi e rendere meno pesanti le conseguenze dell’ictus stesso. La probabilità di successo della terapia è molto elevata se essa inizia entro 6 ore dalla comparsa dei sintomi dell’ictus.

Ictus, la parola all’esperto

Parlare di ictus, oggi, è sempre più importante: diffondere la conoscenza sulla malattia è un obiettivo fondamentale per ridurne l’impatto sulla popolazione, soprattutto considerando le prospettive per il futuro.
«Le aspettative di aumento dell’invecchiamento medio», spiega Giuseppe Micieli, responsabile U. O. Neurologia I e Stroke Unit dell’Isituto Clinico Humanitas IRCCS di Rozzano e coordinatore del Progetto Presto«purtroppo prevalgono sugli interventi mirati alla correzione dei fattori di rischio. Sebbene questi ultimi abbiano fatto registrare un lieve calo, dunque, l’incidenza dell’ictus è decisamente in aumento».

A fronte dell’incremento nel numero dei malati, i progressi in campo medico e farmacologico offrono terapia esmpre più mirate e sempre meno invasive. Una su tutte la trombolisi.
«L’alteplase, il trombolitico per definizione impiegato anche in cardiologia per distruggere chimicamente i trombi in soggetti selezionati, sta facendo registrare progressi notevoli – continua Micieli – e comporta una riduzione delle morti e delle disabilità gravi nell’ordine di 160-170 su 1000 pazienti trattati, contro i13 casi su mille con la sola aspirina tradizionale. Esistono poi dei trombolitici di seconda generazione come il desmoteplase, attualmente alla seconda fase di studio, la cui efficacia potrebbe arrivare a nove ore dall’evento, contro le quattro ore di finestra terapeutica dei trombolitici di prima generazione. Superati questi limiti, nei centri specializzati è possibile agire anche con trattamenti invasivi di disostruzione meccanica delle arterie, con gli stent o con la trombolisi arteriosa, che garantiscono comunque buone prospettive».
Accanto ai nuovi traguardi terapeutici, è importante che si diffondano tra il pubblico e tra gli operatori di settore due concetti basilari: per curare adeguatamente l’ictus occorre arrivare presto in ospedale, ma anche trovare all’arrivo una risposta adeguata.
È questo lo scopo delle stroke unit, le unità organizzate gestite da esperti in fatto di ictus acuto. 

Far approdare un paziente colpito da ictus in una stroke unit significa garantirgi vantaggi addirittura superiori a quelli della stessa trombolisi – chiarisce il neurologo – come è stato dimostrato dalla Ricognizione Prosit pubblicata a gennaio su Lancet. In una stroke unit, il rischio di eventi avversi si riduce del 9% rispetto ai reparti tradizionali, e questo rappresenta un traguardo importantissimo. Purtroppo, stando agli ultimi dati disponibili relativi al 2004, le stroke unit in Italia sono solo 67, di cui 29 in Lombardia».
Per chi non ha la fortuna di accedere a una di queste strutture, le possibilità di trovare una cura più adeguata sono comunque in crescita, anche per merito dei progetti dedicati a migliorare la formazione del personale sanitario. Il progetto Presto è uno di questi.

L’obiettivo del progetto – dichiara Micieli, che ne è il coordinatore scientifico – è quello di informare e formare sia la popolazione che il personale medico, compreso quello non specializzato e i volontari. Attraverso gli incontri dedicati e la distribuzione del materiale informativo tramite la rete Sun Lombardia, vogliamo incrementare la conoscenza dell’ictus e di come agire per affrontarlo correttamente. A questo proposito, alcune interviste pilota condotte sulla popolazione hanno già messo in evidenza una buona conoscenza dei sintomi, ma anche una serie di problemi legati all’arrivo negli ospedali. Alla fine del progetto, poi, condurremo una verifica sulla tempistica dell’arrivo in ospedale, per capire se la campagna è servita al suo scopo. Personalmente posso dire di essere molto soddisfatto: le risposte della popolazione sono buone, e accrescono l’attesa di risultati terapeutici altrettanto buoni.

Diagnosi – Ictus

La diagnosi di ictus è essenzialmente una diagnosi clinica, basata sull’attenta valutazione dei segni e dei sintomi da parte di un medico specializzato in malattie cerebrovascolari, preferibilmente un neurologo.
Al momento del ricovero, dopo un’accurata raccolta della storia clinica (anamnesi) per identificare possibili fattori di rischio e definire con la massima precisione le caratteristiche e il tempo d’esordio dei disturbi, viene eseguito un esame obiettivo generale che prevede la misurazione della pressione arteriosa da entrambi i lati, la valutazione del cuore, dei polmoni, dell’addome e delle arterie periferiche, e un esame neurologico per di definire sede ed estensione del danno cerebrale.
Successivamente vengono effettuati un prelievo di sangue e l’elettrocardiogramma, mentre la tomografia computerizzata (TAC) dell’encefalo senza mezzo di contrasto è indispensabile in caso di urgenza per distinguere l’emorragia dall’ischemia, e per identificare eventuali segni precoci di sofferenza dell’encefalo.
Sempre in urgenza devono essere effettuati l’eco-color-doppler dei tronchi sovraortici e il doppler transcranico, indispensabili per definire la sede ed il grado di una eventuale occlusione di un’arteria, al fine di impostare una terapia mirata. Nei giorni successivi all’ictus, il paziente potrà essere sottoposto ad ulteriori accertamenti per una piu’ precisa diagnosi eziologica dell’evento ischemico.
Potranno quindi essere necessari:
– Ecocardiogramma transtoracico e/o transesofageo
– RM encefalo, angio-RM encefalo
– Angiografia cerebrale
– Screening dei fattori protrombotici
Elettroencefalogramma
– Potenziali evocati somato-sensensoriali
Per quanto riguarda la valutazione cognitiva, esisto una serie di scale chiamate Mini-Mental State Examination (MMSE), Autonomia nelle attività della vita quotidiana (ADL), Autonomia nelle attività strumentali della vita quotidiana (IADL), Hachinski Ischemic Score, Geriatric Depression Scale (GDS), Cornell Scale for Depression in Dementia, Hamilton Depression Rating Scale e Checklist per differenziare la Pseudodemenza dalla demenza, in grado di evidenziare la presenza di deficit cognitivi dell’anziano per cui sia necessario intraprendere ulteriori accertamenti clinico-diagnostici in ambito specialistico.

Ictus, agire nell’urgenza

La parola chiave in caso di ictus cerebrale è fare presto. Esiste una terapia per l’ischemia cerebrale, la trombolisi, che si può eseguire solo nelle prime tre ore dall’ictus.
La pratica consiste nella somministrazione di un farmaco in grado di sciogliere il trombo che ha occluso l’arteria, salvando così una parte del tessuto cerebrale colpito. Ai primi campanelli d’allarme dell’ictus, si deve chiamare subito il 118 e dire in modo chiaro che cosa succede.
Non si deve perdere la testa, ma è utilissimo radunare tutta la documentazione riguardante i ricoveri, le visite effettuate e le medicine prese. E’ necessario farsi portare in Pronto Soccorso, possibilmente in un ospedale con un’Unità specializzata nella cura dell’ICTUS, chiamata Stroke Unit.

Cura e Terapia – Ictus

A livello chirurgico, la chirurgica tradizionale sulla carotide per la terapia dell’ictus oggi viene affiancata dall’intervento di angioplastica (PTA – angioplastica transluminale percutanea), in cui un catetere inserito a livello dell’inguine viene portato fino all’arteria carotide, dove un palloncino gonfiabile dilata la stenosi e l’inserimento di uno stent assicura che la regione dilatata rimanga libera.
Da quando si utilizzano piccoli filtri contro eventuali embolie cerebrali, il tasso di complicanze della PTA sulla carotide sembra ridotto, e l’angioplastica, essendo un intervento non chirurgico e meno invasivo, trova sempre maggiore applicazione.
A livello farmacologico, invece, la terapia dell’ictus acuto è rivolta a ottenere due risultati: la riduzione dello stato di edema cerebrale e la limitazione del danno conseguente all’ischemia.
Nel primo caso, i principali farmaci in grado di determinare riduzione dell’edema cerebrale (antiedemigeni) sono il glicerolo, il mannitolo e i cortisonici. Nel secondo, gli interventi miranti a limitare il danno ischemico consistono prevalentemente nel ridurre le esigenze metaboliche del tessuto mediante ipotermia, barbiturici, etomidate, midazolam, gamma-idrossibutirrato e fenitoina, nel migliorare o ripristinare il flusso ematico con farmaci quali piracetam o ipertensivizzanti.
La terapia con acido acetilsalicilico, al dosaggio di 160-300 mg, rappresenta ancora la terapia più diffusa nei pazienti in fase acuta, ma un’alternativa sempre più diffusa per gli ictus ischemici su base trombotica è la trombolisi, ovvero la riduzione del trombo che ha provocato l’ischemia con farmaci del tipo streptochinasi ed urochinasi.
Nonostante la necessità di una certa cautela, in quanto una eventuale rivascolarizzazione di una parte di tessuto nervoso che ha subito una ischemia puó trasformare l’ictus ischemico in ictus emorragico, la terapia mediante trombolisi sta facendo registrare progressi significativi nello scongiurare le conseguenze più gravi dell’ictus. Al momento, però, si tratta ancora di risultati su scala ridotta, perché la terapia può essere effettuata in un tempo ridotto dall’esordio della sintomatologia (3-4 ore, che corrispondono alla cosidetta finestra terapeutica), e soltanto in unità specializzate (stroke units), presenti in una piccola parte degli ospedali italiani.

Dopo l’ictus

Gli effetti dell’ictus cerebrale dopo la fase di stabilizzazione sono dati principalmente dai deficit motori, cognitivi, dalla possibilità di manifestare crisi epilettiche e dalla depressione. Il trattamento di questi esiti richiede un approccio integrato mirante a diversi obiettivi.
La riabilitazione fisica ha il compito di contribuire alla riduzione della condizione di handicap connessa alla disabilità data dalla patologia, lavorando sui livelli di motilità degli arti colpiti da paresi e scongiurando il rischio di contratture e spasticità. Generalmente esiste una progressione degli esercizi riabilitativi che inizia con sedute di terapia al tappeto, seguite da esercizi per riacquistare la posizione eretta con appoggio e successivamente senza appoggio.
Una seconda area di intervento è quella dedicata alla riabilitazione cognitiva. Dopo una attenta valutazione neuropsicologica del paziente, necessaria per descrivere un profilo funzionale che permetta di identificare le abilità compromesse e quelle risparmiate, si mettono in atto tecniche riabilitative mirate al ripristino della funzione compromessa o alla compensazione del deficit con le funzioni risparmiate. I deficit cognitivi più frequenti e di principale handicap per il paziente sono costituiti dai disturbi di linguaggio, le cosiddette afasie, e dai disturbi di emi-inattenzione o neglect, caratterizzati da difficoltà a prestare attenzione a ciò che capita nello spazio alla sinistra del paziente.
Queste problematiche possono generare nel paziente numerose complicanze psichiatriche, prima su tutte la depressione. In questo caso occorre intervenire con trattamenti di tipo farmacologico, come i farmaci antidepressivi serotoninergici, e di tipo psicoterapeutico, in cui è fondamentale il coinvolgimento del nucleo familiare.
Un ultimo, fondamentale aspetto del post-ictus è la prevenzione delle recidive. Il rischio che si presenti un secondo ictus nell’arco dei due anni successivi, infatti, risulta pari al 15%. La prevenzione delle recidive contempla innanzitutto il trattamento dei fattori di rischio e delle patologie sistemiche che lo abbiano determinato. Modificare le abitudini di vita, e curare correttamente le patologie sistemiche allabase dell’ictus (ipertensione, fibrillazione striale, valvulopatie emboligene, diabete ecc.) è il necessario compendio all’eventuale trattamento farmacologico.

Ictus: con il progetto Presto, il tempo è cervello

In Italia, ogni anno, l’ictus cerebrale colpisce circa 185.000 persone, 150.000 per la prima volta. Di queste, il 10-20% muore entro il primo mese, e un altro 10% entro il primo anno.
Nonostante l’elevata mortalità, oggi è possibile tornare a una vita quasi normale dopo l’ictus: la probabilità di recupero dipende dalla rapidità della diagnosi e della terapia.
Il tempo, insomma, è un fattore fondamentale. Per questo, oggi a Milano ha preso il via un’importante inziativa per combattere l’ictus cerebrale: è il progetto «Presto», attuato in collaborazione con Bayer HealthCare e patrocinato da Regione Lombardia.

«Si tratta di una strategia globale», ha spiegato Giuseppe Miceli, coordinatore del progetto e responsabile U.O. Neurologia I e Stroke Unit all’ospedale san Gerardo di Monza, «rivolta contemporaneamente alla popolazione e agli operatori sanitari. L’obiettivo primario è quello di accelerare al massimo, dall’inizio dei sintomi, l’arrivo in Pronto Soccorso del paziente colpito da ictus, possibilmente in un ospedale in cui è presente un’unità specializzata nella diagnosi e nella cura dell’ictus cerebrale, la cosiddetta stroke unit».
A questo proposito, in Lombardia è operante lo Stroke Unit Network Lombardia, nel quale sono consorziate al momento 36 unità operative.

Oltre all’intervento medico immediato, il progetto «Presto» punta anche a diffondere messaggi di sensibilizzazione ed educazione nei confronti della popolazione generale, coinvolgendo anche i medici di continuità assistenziale e quelli di 118 e Pronto Soccorso, veicolando lo slogan «Il tempo è cervello».

Per questo, negli ospedali, nelle farmacie e nei centri sociali comunali verranno diffusi depliant, locandine e video informativi sull’importanza della tempestività nel trattamento dell’ictus cerebrale. Verranno poi messe in pratica iniziative di diffusione quali un sito internet ad hoc, conferenze, seminari e interazioni con le associazioni di volontariato.
Al termine del programma, il progetto prevede l’attuazione di un’indagine per verificare l’efficacia di tali iniziative. I risultati saranno resi noti nell’autunno del 2007, e serviranno da spunto per ulteriori migliorie, in vista di una diffusione del progetto «Presto» su scala nazionale.

Glossario per Ictus – Enciclopedia medica Sanihelp.it

 – Angiografia
 – Embolia
 – Trombo
 – Trombolisi intrarteriosa

 

Farmaci

 – ACTILYSE*IV FL 20MG+FL 20ML
 – ACTILYSE*IV FL 50MG+FL 50ML
 – AGGRENOX*60CPS 200MG+25MG RM
 – ANTIGREG*30CPR RIV 250MG
 – APLAKET*30CPR RIV 250MG
 – ASCRIPTIN*20CPR DIV 300MG
 – BOTOX*IM 1FL 100U ALLERGAN
 – BOTOX*IM 1FL 200U ALLERGAN
 – CARDIOASPIRIN*30CPR GAST 100MG
 – CARDIRENE*OS 30BUST 160MG
 – CARDIRENE*OS 30BUST 300MG
 – CARDIRENE*OS POLV 30BUST 100MG
 – CARDIRENE*OS POLV 30BUST 75MG
 – CERETEC*INIET 2FL 0,5MG
 – CERETEC*INIET 5FL 0,5MG
 – CHIARO*30CPR RIV 250MG
 – CLOPIDOGREL ACT*28CPR RIV 75MG
 – CLOPIDOGREL ALT*28CPR RIV 75MG
 – CLOPIDOGREL DOC*28CPR RIV 75MG
 – CLOPIDOGREL DR*28CPR RIV 75MG
 – CLOPIDOGREL EG*28CPR RIV 75MG
 – CLOPIDOGREL MG*28CPR RIV 75MG
 – CLOPIDOGREL MG*30CPR RIV 75MG
 – CLOPIDOGREL PEN*28CPR RIV 75MG
 – CLOPIDOGREL PF*28CPR RIV 75MG
 – CLOPIDOGREL RAT*28CPR RIV 75MG
 – CLOPIDOGREL SAN*28CPR RIV 75MG
 – CLOPIDOGREL SAND*28CPR RIV75MG
 – CLOPIDOGREL TEVA*28CPR 75MG
 – CLOPIDOGREL ZEN*28CPR RIV 75MG

 

Tag cloud – Riepilogo dei sintomi frequenti

accidente
sensazione di acqua che scorre
affaticabilità
amaurosi
amnesia
anestesia
apoplessia
assenza
astenia
atassia
blefaroptosi
sensazione di bruciore
sensazione di caldo e freddo
capogiro
cecità
cefalea
repulsione per il cibo
colpo
coma
difficoltà di comprensione
conato
confusione
perdita di conoscenza
paralisi di metà del corpo
perdita di coscienza
sensazione di indurimento della cute
debolezza
deformazione
deformità
diplopia
disartria
disfonia
dismorfismo
diminuzione della sensibilità al dolore
insensibilità al dolore
ematemesi
emicrania
emiparesi
emiplegia
mancanza di equilibrio
perdita dell’equilibrio
esauribilità
disturbo della fonazione
alterazione della forma
formicolii
mancanza della forza
mancanza delle forze
instabilità
ipostenia
ipotonia muscolare
alterazione del linguaggio
lipotimia
malformazione
mancamento
perdita della memoria
midriasi
miosi
perdita completa della mobilità
perdita della mobilità
movimenti oculari involontari
disturbi nella coordinazione dei movimenti
aumento del tono dei muscoli
diminuzione del tono dei muscoli
ipertonia dei muscoli
rigidità dei muscoli
nausea
nistagmo
obnubilamento
oscillazione involontaria degli occhi
rotazione involontaria degli occhi
chiusura dell’occhio
caduta della palpebra
paralisi delle palpebra
paralisi
paresi
parestesie
difficoltà nel parlare
impossibilità di parlare
difficoltà della parola
perdita della parola
sensazione di indurimento della pelle
sensazione di pizzicore
difficoltà della pronuncia
ptosi palpebrale
alterazioni delle pupille
dilatazione delle pupille
restringimento delle pupille
sensazione di ragnatela sul viso
rallentamento
raucedine
impossibilità di ricordare
rigetto
rigurgito
sbandamento
perdita dei sensi
disturbi della sensibilità
sincope
sensazione di puntura di spilli
spossatezza
stanchezza
strabismo
stupore
alterazione nell’emissione di suoni
svenimento
giramento di testa
male di testa
vertigini
visione doppia
visione strabica
alterazioni del viso
disturbi della vista
perdita della vista
alterazione della voce
voltastomaco
vomito
sangue nel vomito
sensazione di vomito

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