Sanihelp.it – Tra le donne e la birra il legame è molto antico. Sono state proprio le donne, infatti, a creare le prime birre della storia e a gettare così le basi di una cultura che continua ad essere forte anche ai giorni nostri.
Fin dai tempi della Mesopotamia infatti la produzione della birra, ad esempio, era affidata alle donne. Per sua propria natura la birra è legata infatti alle messi, alla fertilità della terra, e tutte le divinità ad essa connesse, sia in Medioriente che in Egitto, erano donne: basta pensare alle celebri Ninkasi e Nidaba o, nel mondo romano alla dea Cerere, da cui deriva il nome cerevisia.
Per non parlare di Ildegarda di Bingen che è stata la prima ad individuare, nell’XII secolo, le capacità di conservante naturale del luppolo e ad inserirlo come elemento fondamentale nella produzione della birra così da rendere la bevanda adatta anche ai lunghi viaggi via terra e via mare.
Le donne non erano solo produttrici, ma anche consumatrici, lo testimoniano gli affreschi rinvenuti nel palazzo di Cnosso, a Creta, dove vi sono raffigurazioni di donne intente a bere birra. Ancora più interessante è scoprire che le donne la consumavano non solo per piacere.
Sin dall’antichità, infatti, la birra è una valida alleata contro la nausea grazie alla presenza di antiossidanti contenuti nel luppolo e allo maltodestrine provenienti invece dal malto con un conseguente potere ricostituente dovuto ai sali minerali e i carboidrati che contiene.
Un’altra particolarità è legata all’apprezzamento, da parte del pubblico femminile, del sapore amaro tipico di questa bevanda; questa caratteristica non è sempre amata dalle donne per ragioni che ci riportano alla preistoria. Per chiarirlo bisogna risalire alla genetica del gusto: la percezione del sapore amaro è collegata infatti ad un sistema di allerta naturale per proteggere il corpo dalle sostanze dannose per l'organismo.
In natura, infatti, i veleni hanno un sapore amaro e questo, per la mappa palatale, rappresenta un indizio di pericolo, provocando una sensazione di rifiuto. Per questo, la donna è atavicamente diffidente nei suoi confronti. La ragione è legata alla genetica: alle donne spetta infatti, decidere se il cibo che consumeranno è sano per se stesse e per i figli.
Sarebbero quindi evolutivamente meglio attrezzate per distinguere gli alimenti pericolosi, avariati o velenosi, prima, durante e dopo la gestazione. Per la stessa ragione, come conferma una ricerca condotta nel 2008 dall'università di Copenaghen, le donne hanno per natura e già a partire dall’infanzia, una migliore senso del gusto e dell’olfatto rispetto agli uomini: sono in grado di distinguere meglio i sapori e di descriverli più accuratamente grazie alla maggior quantità di recettori gustativi presenti sulla lingua.
Non a caso, i cosiddetti supertaster, le persone che avvertono aromi e sapori in modo più intenso rispetto alla media, sono spesso donne, così come lo è circa la metà degli allievi che seguono i corsi per diventare sommelier.