Sanihelp.it – 297 notifiche inviate all’Unione Europea durante il 2020, circa un allarme alimentare al giorno. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base delle elaborazioni del sistema di allerta Rapido, diffusa in occasione della Giornata Mondiale Onu della Salubrità Alimentare, promossa da Fao e Oms il 7 giugno per ricordare che ogni anno circa 600 milioni di persone si ammalano dopo aver mangiato cibo contaminato da batteri, virus, parassiti e sostanze chimiche.
Un’emergenza che non riguarda solo i Paesi in via di sviluppo ma che, per effetto della globalizzazione degli scambi e della competizione al ribasso sui prezzi, si estende anche a quelli più ricchi.
Quali sono i pericoli maggiori per l’Italia? Secondo Coldiretti sono venuti dal pesce spagnolo con alto contenuto di mercurio e dal pesce francese per l’infestazione del parassita Anisakis. A rischio anche i materiali a contatto con gli alimenti,che arrivano sopratutto dalla Cina: possono cedere sostanze molto pericolose per la salute del consumatore, cromo, nichel, manganese, formaldeide.
Attenzione anche ai pistacchi dalla Turchia contaminati dalle aflatossine e le arachidi dall’Egitto per l’elevato contenuto di aflatossine cancerogene.
In Italia sul totale dei 297 allarmi che si sono verificati nel 2020 solo 51, il 17%, hanno riguardato prodotti con origine nazionale; 146 provenivano da altri Stati dell’Unione Europea (49%) e 100 da Paesi extracomunitari (34%). In sostanza oltre otto prodotti su dieci pericolosi per la sicurezza alimentare provengono dall’estero.
Un’ulteriore conferma della pericolosità dei cibi stranieri è legata al numero di prodotti agroalimentari extracomunitari con residui chimici irregolari pari al 5,6% rispetto alla media Ue dell’1,3% e ad appena lo 0,9% dell’Italia.
I dati arrivano da un’analisi della Coldiretti su dati Efsa che ha analizzato capillarmente 96.302 campioni di alimenti in vendita nell’Unione Europea fornendo uno spaccato della presenza dei residui di pesticidi su frutta, verdura, cereali, latte e vino prodotti all’interno dei Paesi dell’Unione o provenienti dall’estero.
Le maggiori preoccupazioni in caso di allarme sono determinate dalla difficoltà di rintracciare rapidamente i prodotti a rischio per toglierli dal commercio generando un calo di fiducia che provoca il taglio generalizzato dei consumi e che spesso ha messo in difficoltà ingiustamente interi comparti economici, con la perdita di posti di lavoro.
Per questo occorre anche avanzare nel percorso per la trasparenza sull’obbligo di indicare la provenienza degli alimenti in etichetta che ha raggiunto ormai i 4/5 della spesa (dalla carne al latte, dall’ortofrutta fresca alle conserve di pomodoro, dai formaggi ai salumi) anche se non è ancora possibile conoscere l’origine per prodotti come la frutta trasformata in succhi e marmellate, verdure e legumi in scatola oppure lo zucchero.
garantendo che dietro gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un analogo percorso di qualità che riguarda l’ambiente, il lavoro e la salute> afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel commentare i risultati dell’indagine Efsa