Sanihelp.it – Passa dalla linea della mandibola, dal mento e dalla parte bassa delle guance la nuova percezione dell’invecchiamento: i campanelli d’allarme sul passare del tempo arrivano dal terzo inferiore del volto. Dopo anni di interesse concentrati quasi esclusivamente sulla zona degli occhi, l’attenzione si è spostata: «Le richieste di intervento sono in costante aumento», afferma Patrizia Gilardino, chirurgo estetico di Milano.
«Sono richieste dettate dal fatto che in questa zona la lassità e lo svuotamento dei tessuti modificano la linea del volto, alterando quell’equilibrio capace di dare armonia al viso». Contrariamente al terzo superiore, che comprende occhi e fronte, il terzo inferiore del viso è però un’area delicata per conformazione e per capacità di definire il volto nel suo complesso.
«Sono diverse le variabili da prendere in considerazione e che concorrono sulla qualità dei risultati: dall’anatomia all’età fino alla qualità dei tessuti», precisa Gilardino. «La soluzione ottimale è quella chirurgica: il lifting permette di intervenire in modo definitivo nel riposizionare i tessuti».
Strade più soft (e veloci) ci sono: non richiedono particolari tempi di recupero, ma hanno necessità di un mantenimento nel tempo. Il principio è uno: «Attivare il processo di produzione di collagene per fare in modo che la pelle, rassodandosi, possa risollevarsi attenuando il senso di caduta. La scelta del trattamento dipende da caso a caso. Nelle situazioni più compromesse, per ottenere un risultato visibile occorrerà optare per soluzioni più invasive».
Tra queste ultime ci sono i fili biorivitalizzanti. «Sono fili riassorbibili inseriti sottocute attraverso sottilissimi aghi e permettono la rigenerazione dei tessuti rendendo la pelle più tonica e giovane. Nonostante il nome, l’effetto non è legato alla tensione o alla trazione dei fili, ma alla loro stessa presenza. Sono infatti in PDO, ovvero polidiossanone, sostanza già usata in medicina che ha importanti proprietà rigenerative e di stimolazione». La tecnologia Hifu può offrire un'alternativa. «Usiamo ultrasuoni focalizzati che permettono di agire in profondità per una ridensificazione del derma, ottenendo un aumento del tono dei tessuti. Il risultato è un effetto lifting», precisa la specialista.
Utili anche le onde d’urto, in abbinamento a maschere lenitive e protettive. «Sono una soluzione a bassissimo impatto, un trattamento consolidato in medicina estetica per la capacità di ringiovanire la pelle attraverso un rigenerativo che restituisce tonicità alla pelle». Sul fronte laser, «si può ricorrere a quello frazionato che, pur non essendo specifico per il terzo inferiore del volto, è in grado di restituire un effetto mini-lifting».
Non ultimi, gli iniettabili. I filler non permettono di agire in profondità, ma possono servire nell’attenuare l’effetto caduta della pelle, andando a ridisegnare l’ovale del volto. Sottolinea Gilardino: «Dato che questi trattamenti mirano a una stimolazione del collagene per ridensificare la cute, i risultati si avranno a distanza di alcune settimane. Per il mantenimento, a seconda del trattamento, sono consigliate una o due sedute all’anno».