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Dermatite atopica: disturbo in crescita

Sanihelp.it – I dermatologi della SIDeMaST, Società Italiana di Dermatologia e Malattie Sessualmente Trasmesse in occasione del 98° Congresso nazionale hanno ampiamente discusso di dermatite atopica, una malattia cutanea infiammatoria cronica caratterizzata da un difetto della barriera cutanea ed una alterata risposta immunitaria a sostanze irritanti e allergizzanti. 


Può insorgere in qualunque epoca della vita ed è caratterizzata dalla presenza di eczema con intenso prurito e importante impatto negativo sulla qualità di vita dei pazienti.

È in costante aumento in termini di incidenza e prevalenza, soprattutto nei paesi industrializzati.

In Europa e negli Stati Uniti, dati recenti  suggeriscono che coinvolga circa il 20% dei bambini e il 7-14% degli adulti, con sostanziali variazioni tra i diversi Paesi.

Per ridurre il rischio di sviluppo ed esacerbazione della dermatite atopica, occorrono strategie di politiche ambientali che limitino l’utilizzo dei combustibili fossili, promuovano pratiche di gestione sostenibile del territorio riducendo la quantità di inquinamento atmosferico e prevedano l’installazione di dispositivi di filtraggio dell’aria negli ambienti indoor.

 

Numerosi studi hanno infatti dimostrato non solo la connessione tra cambiamenti climatici ed incremento della dermatite atopica, ma anche tra inquinamento ambientale e aumento della patologia.


Il trend in crescita dell’inquinamento atmosferico, dovuto soprattutto all’incremento dei veicoli a motore e all’uso del carbone per la produzione di energia elettrica, infatti, impatta sulla salute umana sin dall’età pre-natale.

L’esposizione delle future mamme agli agenti inquinanti favorisce i rischi di sviluppo della dermatite atopica entro i primi sei mesi di vita del neonato.

Anche l’inquinamento derivante dagli incendi boschivi ha le sue ripercussioni in termini di aumento dei casi di dermatite atopica negli adulti e nei bambini.

 

«È noto – ha dichiarato in proposito  il Prof. Luca Stingeni, Presidente del 98° Congresso Nazionale SIDeMaST, Professore Ordinario di Dermatologia dell’Università di Perugia e Direttore della Clinica Dermatologica e del Dipartimento di Medicina Generale e Specialistica dell’Azienda Ospedaliera di Perugia – che variabili climatiche come la temperatura, l’umidità dell’aria, il carico di pollini e l’esposizione ai raggi UV influenzino i segni e i sintomi della dermatite atopica. Ma più recentemente, l’inquinamento ambientale è stato segnalato come fattore di induzione e/o aggravamento della patologia atopica attraverso molteplici meccanismi biologici. Tra questi, la formazione di radicali liberi dell’ossigeno (ROS), lo stress ossidativo, la compromissione della barriera cutanea e una risposta infiammatoria».

Considerando che, la cute rappresenta l’organo più esteso del corpo umano e funge da barriera tra l’organismo e l’ambiente esterno, il costante contatto con l’ambiente e gli inquinanti atmosferici può danneggiare direttamente la funzione di barriera cutanea e alterare l’omeostasi, vale a dire il processo che tende a mantenere stabili le condizioni interne all’organismo. Questa alterazione contribuisce allo sviluppo e all’esacerbazione delle malattie cutanee, tra le quali la dermatite atopica. 

In particolar modo, la cute dei soggetti che ne sono affetti è maggiormente sensibile se esposta a ossido di azoto, ozono e idrocarburi policiclici aromatici (IPA).

Più recentemente (2018), alcuni studiosi cinesi hanno dimostrato che l’alterazione della barriera cutanea è in grado di generare radicali liberi e alterazioni strutturali delle membrane cellulari delle cellule dell’epidermide.

È stato provato inoltre che la sua funzione è compromessa dall’esposizione al particolato.

 

Per valutare gli effetti dell’inquinamento atmosferico sulla dermatite atopica sono stati condotti in Europa numerosi studi che, sebbene non omogenei per inquinanti presi in esame, fonte di inquinamento e concentrazione delle sostanze inquinanti, hanno prospettato un rischio più elevato di sviluppare dermatite atopica ed esacerbazione dei sintomi della malattia quando vi è una maggiore esposizione agli inquinanti atmosferici: «Per esempio – ha spiegato sempre il Prof. Stingeni – i neonati, che presentano fisiologicamente una immatura barriera cutanea, possono essere particolarmente vulnerabili allo sviluppo di dermatite atopica quando vivono in aree urbane. In uno studio tedesco condotto nel 2009 è stato dimostrato che la vicinanza alle grandi arterie stradali e la maggiore esposizione ad aria inquinata (in particolare, al particolato PM2,5) durante la prima infanzia, sono associati a una maggiore prevalenza di dermatite atopica. Questi risultati sono supportati da studi più recenti condotti in Sud America e Corea in pazienti in fascia d’età pediatrica, che hanno dimostrato che l’esposizione ai cosiddetti TRAP (traffic-related-air-pollutants) correlava positivamente con una aumentata prevalenza di eczema flessurale sia nei maschi che nelle femmine».

Questi risultati sono in linea con i risultati di altri studi condotti nel continente asiatico che dimostrano come l’esposizione al biossido di azoto nei primi anni di vita sia associata a una maggiore incidenza di dermatite atopica.

Infine, alcuni recenti studi epidemiologici condotti in Cina, Corea e Turchia (2021-2022) hanno dimostrato correlazioni positive tra la scarsa qualità dell’aria e le visite mediche effettuate per dermatite atopica sia nei bambini che negli adulti.

 

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