Sanihelp.it – L’immunoterapia con durvalumab migliora la sopravvivenza del carcinoma epatocellulare, che deriva dalle cellule del fegato, gli epatociti, e del colangiocarcinoma, che deriva dalle cellule delle vie biliari, le due forme più comuni di cancro al fegato.
L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha approvato la rimborsabilità di durvalumab (nome commerciale Imfinzi) in associazione a tremelimumab, seguita da durvalumab in monoterapia per il trattamento di prima linea di pazienti adulti con carcinoma epatocellulare (HCC) avanzato o non resecabile.
Come risulta dallo studio HIMALAYA, pubblicato su Annals of Oncology, a 4 anni il 25,2% dei pazienti trattati con durvalumab più tremelimumab era vivo rispetto al 15,1% con sorafenib, cura standard al momento dell'avvio dello studio, e il rischio di morte è stato ridotto del 22%.
Inoltre, AIFA ha approvato Imfinzi in associazione a gemcitabina e cisplatino(chemioterapia) per il trattamento di prima linea di pazienti adulti con carcinoma delle vie biliari (BTC) non resecabile o metastatico.
«Sia nel mondo che in Italia il tumore al fegato è una delle principali cause di morte per tumore, particolarmente negli uomini tra i 60 e 70 anni – afferma Fabio Piscaglia, Professore Ordinario di Medicina Interna all'Università di Bologna e Direttore della Medicina Interna, Malattie epatobiliari e Immunoallergologiche dell'IRCCS-AOU di Bologna – nella larga maggioranza di casi, il tumore si sviluppa in pazienti affetti da malattia cronica di fegato, spesso già allo stadio di cirrosi».
Costituisce un problema anche il fatto che la malattia insorge silenziosamente e spesso viene identificata quando è già allo stadio avanzato. Ora molte speranze sono riposte in questo anticorpo monoclonale, che ha dato risultati decisamente positivi.