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COLLEGAMENTI

Cheratosi Attinica

La malattia è anche conosciuta come:
cheratosi solare, lesione neoplastica epiteliale cutanea, lesione precancerosa della pelle


D’estate il pericolo al sole si chiama cheratosi attinica, un tumore mascherato da macchia che colpisce chi si abbronza di più. L’intervento chirurgico si può evitare con una terapia topica.
Categoria: Malattie dermatologiche
Sigla: CA

Che cos’è – Cheratosi Attinica


Tumori della pelle: li conosciamo?

Hanno origini e caratteristiche diverse, ma una causa comune: colpiscono la pelle e possono portare alla morte. Sono i carcinomi e i melanomi, le due forme principali di tumore maligno della cute.

I carcinomi compaiono quasi esclusivamente nelle persone anziane, prevalentemente sul volto (90% dei casi), e colpiscono principalmente i soggetti con carnagione e occhi chiari, capelli rossi o biondi, che si scottano facilmente al sole e soprattutto che hanno esposto per molti anni la loro pelle alle radiazioni ultraviolette.

Appaiono sotto forma di noduli che erodono la pelle provocando ferite e ulcere, possono insorgere anche da lesioni precancerose chiamate cheratosi solari o senili, e possono essere di tipo basocellulare o spinocellulare (rispettivamente 95 e 30 nuovi casi all’anno ogni 100.000 abitanti). Questi ultimi possono colpire anche le mucose (cavo orale e genitale)

I carcinomi si curano prevalentemente con l’asportazione chirurgica radicale, ma anche con la radioterapia, la laserterapia, il radiobisturi, la crioterapia o la terapia fotodinamica.

Diverso il discorso dei melanomi, che colpiscono persone più giovani e possono insorgere su cute sana o su un nevo melanocitico acquisito o congenito preesistente.

Dal punto di vista clinico, il melanoma può comparire come melanoma piano, melanoma cupoliforme o melanoma piano-cupoliforme.
Il melanoma piano si può presentare sotto forma di macchia pigmentata, di forma asimmetrica, con margini ben definiti ma irregolari di dimensioni superiori ai 6 mm, di colore uniforme o disomogeneo con varie tonalità dal roseo, al bruno, al nero.
La lesione tende ad estendersi in un tempo variabile inizialmente sul piano orizzontale rimanendo piana, o rilevarsi sul piano cutaneo risultando palpabile.
Le localizzazioni più comuni sono rappresentate dagli arti nella donna e dal tronco negli uomini, anche se il melanoma può localizzarsi in entrambi i sessi in ogni sede cutanea.
Attualmente, in conseguenza delle campagne di prevenzione e della maggior sensibilizzazione della popolazione, il melanoma piano rappresenta il tipo di melanoma più frequentemente diagnosticato.

Il melanoma cupoliforme si presenta invece sotto forma di lesione papulosa o nodulare, rilevata sul piano cutaneo, pigmentata o acromica, a superficie liscia, talora ulcerata e ricoperta da squamo-croste.
Insorge su cute sana, più frequentemente nel sesso maschile.

Il melanoma piano cupoliforme, infine, è costituito da un elemento papuloso o nodulare che insorge nel contesto di un melanoma piano palpabile o non palpabile.
Le caratteristiche semeiologiche che permettono di porre il sospetto diagnostico del melanoma sono state sintetizzate nell’acronimo ABCDE:

  • A (Asimmetria). Tracciando una linea immaginaria passante per il centro della lesione, si ottengono due metà non sovrapponibili.
  • B (Bordi). Appaiono irregolari e frastagliati.
  • C (Colore). Variegato, con sfumature tendenti al marrone-nero o al rosso-blu.
  • D (Dimensioni). Maggiori di 6 mm.
  • E (Evoluzione). Recenti modificazioni della dimensione, forma, colore, superficie.

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Un cancro dotato di timer

La cheratosi attinica, o cheratosi solare, è una lesione cutanea che fino a poco tempo fa era considerata come pre-cancerosa. Oggi invece viene considerata come un tumore a tutti gli effetti (più precisamente, si tratta di un carcinoma squamocellulare in situ), e come tale va affrontata dal punto di vista terapeutico.

È una malattia causata dai raggi solari: si innesca a partire dalle mutazioni a carico del DNA delle cellule dell’epidermide (cheratinociti) indotte dai raggi UV. Queste mutazioni sono accompagnate da un’alterazione del gene soppressore p53 e dalla produzione di COX, i mediatori dei meccanismi infiammatori che concorrono allo sviluppo di un tumore.

Tuttavia, a differenza del melanoma, non è provocata da ripetute scottature, ma dalla prolungata esposizione nel tempo ai raggi UV. Col tempo, circa nel 10% dei casi, questa malattia si può trasformare in carcinoma, per questo viene spesso definita un cancro dotato di timer.

La prevalenza è in costante aumento nel mondo, e va da un minimo dell’11% fino a toccare il 60% negli individui con pelle chiara di età superiore ai 40 anni e residenti nella parte meridionale dell’emisfero. Nella fascia compresa tra i 60 e i 69 anni il 64% delle donne e l’83% degli uomini presentano almeno una lesione da cheratosi attinica.

In apparenza, rispetto ai dati riportati dalla letteratura internazionale, in Italia la cheratosi sembra avere tassi di prevalenza inferiori. Ma gli esperti sono concordi sul fatto che da noi questa patologia è sottostimata e, quando riconosciuta, non adeguatamente trattata.
Si stima infatti che in una fascia d’età che va dai 40 agli oltre 60 anni la cheratosi attinica colpisca l’1,4% delle persone ma gli esperti stimano ad almeno il doppio (3%) i casi italiani.

Oggi questa malattia ha come protagonista una nuova generazione di malati: i cosiddetti stakanovisti del sole, persone (soprattutto donne) di età compresa fra i 40 e i 50, che non rinunciano all’abbronzatura neanche d’inverno.
Non più e non solo, dunque, pescatori e agricoltori ultrasessantenni, esposti da una vita al sole per motivi professionali, ma quarantenni che hanno alle spalle anni di esposizione ai raggi (anche quelli artificiali) per questioni puramente estetiche e per piacere: nel futuro avremo dunque una cheratosi attinica da attività ricreativa.

La possibilità di sviluppare una cheratosi aumenta con l’età. Le persone con la pelle chiara e i fototipi 1 e 2 sono i più colpiti (il rischio delle pelli chiare, rispetto a quelle scure, è di sei volte superiore). In questi soggetti può bastare una normale esposizione solare per causare la comparsa di cheratosi attinica.
Altre persone a rischio sono quelle che hanno una lunga storia di esposizione solare senza adeguata protezione, per esempio con frequenti eritemi solari durante l’infanzia.
Età, fototipo e tempo di esposizione solare alzano il rischio: si è visto che nelle persone più giovani la prevalenza della malattia è variata dallo 0,6% all’1%, dipendentemente dal fototipo.

Riassumendo sono le carnagioni chiare, le persone con occhi chiari, capelli biondi o rossi, con una storia di scottature solari in età giovanile (presenza di efelidi), gli albini e le persone immunodepresse quelle più a rischio di incorrere nella cheratosi solare.

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Prevenzione – Cheratosi Attinica


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Tumori cutanei: cosa fare, cosa no

I tumori maligni della pelle sono molto frequenti: in Italia ogni anno si osservano circa 135 nuovi casi ogni 100.000 abitanti, complessivamente oltre 65.000 nuovi malati.
Esistono molti tipi di tumori della pelle, ma i più comuni sono i carcinomi e i melanomi.
Per prevenirne l’insorgenza e riconoscerli precocemente, esiste un decalogo semplice ed efficace:

  1. Conoscere bene la propria pelle, soprattutto le sue reazioni all’esposizione solare.

     

  2. Conoscere la storia di eventuali tumori maligni della pelle nella propria famiglia.

     

  3. Evitare di esporsi al sole nelle ore più calde (dalle 11 alle 16). L’educazione ad una corretta esposizione solare deve cominciare già nell’infanzia.

     

  4. Proteggersi dal sole, come consiglia il dermatologo, anche usando prodotti con fattori di protezione adeguati sin da bambini.

     

  5. Controllare regolarmente la propria cute: è noto che il primo sospetto di tumore viene segnalato dal paziente stesso.

     

  6. Se si notano delle lesioni cutanee nuove, che non tendono a scomparire, ricorrere al consulto del medico di famiglia e del dermatologo.

     

  7. Se si notano dei cambiamenti di lesioni preesistenti, ad esempio un «nevo» che continua a crescere, ricorrere al consulto del medico e del dermatologo.

     

  8. Se si hanno molti nei oppure nevi congeniti di dimensioni superiori ai 10 mm farsi visitare dal dermatologo, con la periodicità che verrà consigliata.

     

  9. Le persone che hanno già avuto un melanoma corrono un rischio più elevato di svilupparne altri e perciò devono sottoporsi a controlli regolari.

     

  10. La fotoprotezione deve essere particolarmente accurata nelle persone che hanno sofferto di cheratosi solari, carcinomi e melanomi.

Ecco, invece, le cose da non fare:

  1. Esporsi al sole in modo indiscriminato.

     

  2. Non guardare con attenzione la propria pelle e le sue lesioni, sia quelle nuove, sia quelle vecchie, che crescono o cambiano aspetto.

     

  3. Considerare le lesioni cutanee come semplici inestetismi o una fatalità: è sempre bene definire la loro natura con una diagnosi esatta.

     

  4. Dimenticarsi di effettuare i controlli consigliati.

     

  5. Aspettare un sintomo importante, come il sanguinamento di un nevo per consultare il medico.

     

  6. Rifiutare l’intervento su un nevo, per il timore completamente infondato di favorire la sua diffusione.

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Le 8 regole della corretta esposizione al sole

La cheratosi attinica si può prevenire applicando le stesse cautele previste per evitare le scottature e il rischio di melanoma. Le regole sono dunque quelle di una corretta esposizione al sole:

1. evitare le esposizioni prolungate e nelle ore di massimo rischio (dalle ore 11 alle ore 17)
2. nei primi giorni esporsi con gradualità
3. applicare le creme protettive 20-30 minuti prima dell’esposizione e riapplicarle più volte durante la giornata
4. attenzione alle superfici riflettenti (acqua, neve)
5. usare indumenti come cappelli e magliette per proteggersi ulteriormente nei primi giorni di esposizione o se ci ritrova in alta montagna o nei mari tropicali
6. utilizzare sempre i filtri solari, medi per le pelli scure, alti per quelle chiare
7. applicare una crema solare ogni volta che si esce di casa, anche in città
8. scegliere un prodotto con filtri solari anti-Uva e anti Uvb, in modo da garantirsi maggiore protezione.
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Sintomi – Cheratosi Attinica


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Un tumore mascherato da macchia

La punta di un iceberg: ecco come è stata descritta la cheratosi attinica, che all’inizio appare come una semplice macchia rosata o un’irritazione sul viso, sulle mani, sulla testa o sugli arti (molti la prendono come l’esito di un microtrauma dovuto al grattamento oppure pensano di avere una dermatite irritativa), ma che può nascondere un futuro carcinoma.

Le lesioni possono essere poche e localizzate, oppure grandi ed estese a intere zone del corpo. Il volto, il dorso delle mani, le gambe e le braccia sono le zone più colpite. Gli uomini, se calvi, sono colpiti sul cuoio capelluto e, rispetto alle donne che hanno le orecchie spesso coperte dai capelli, più frequentemente sulla porzione superiore dell’organo uditivo o all’interno del padiglione auricolare.

Ecco come riconoscere la cheratosi attinica.

Fase 1: all’inizio, sulla parte interessata, si può notare come una zona di irritazione locale, una macchia di colore rosato-rosso; al tatto la cute appare ruvida.

Fase 2: dopo qualche tempo (possono passare anche mesi, in certi casi anni) su questa lesione compare una crosticina, come una piccola squama, che si stacca senza provocare sanguinamento, ma poi si riforma sempre.

Fase 3: quando si trasforma in carcinoma squamocellulare, la lesione da piatta diventa rilevata, si ispessisce e assume le sembianze di un nodulo o di un brufolo sulla cute.

In presenza di questi sintomi bisogna affrettarsi a rivolgersi al medico perché, secondo gli studi scientifici, fino al 16% delle cheratosi attiniche si possono trasformare in tumore entro un anno dalla loro comparsa.

Lo specialista di riferimento è il dermatologo e basta una visita, senza l’uso di speciali strumenti o esami, per diagnosticare una cheratosi attinica. Solo quando la lesione si sta per trasformare o si è trasformata in carcinoma squamocellulare si effettua una biopsia.

Anche se non tutte le cheratosi attiniche si trasformano in carcinoma squamo cellulare, il dermatologo deve comunque curarle tutte, perché oggi non si è ancora in grado di prevedere quali di queste si trasformeranno.
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Cura e Terapia – Cheratosi Attinica


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Creme per le lesioni piccole, bisturi per quelle grandi

Se le chiazze sono piccole, superficiali non interessano molte aree, è possibile ricorrere a una cura locale con pomate cheratolitiche, per esempio a base di acido salicilico o di urea, che ammorbidiscono la pelle e ne favoriscono una progressiva desquamazione. Vanno applicate sulle zone malate due volte al giorno per uno-due mesi.

In alternativa, sono molto efficaci anche i gel a base di diclofenac e le creme a base di imiquimod, una molecola potente in grado di rafforzare il sistema immunitario e combattere le cellule alterate, eliminando al contempo anche le cristicine superficiali.

Per le macchie più grandi e profonde è meglio ricorrere al laser, che vaporizza gli strati superficiali dell’epidermide eliminando macchie e crosticine, alla diatermocoagulazione, che brucia le criste senza intaccare gli strati più profondi della pelle o alla crioterapia, che sia basa sull’utilizzo di temperature bassissime, congelando la macchia che poi cade da sola.

La rimozione chirurgica della lesione (con bisturi, crioterapia, laser, curettage ed elettrocoagulazione) sono opzioni valide ma devono essere attentamente valutate sia in base all’anamnesi del singolo paziente che alla luce delle nuove scoperte sul campo di cancerizzazione.
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Diclofenac rimuove la macchia e ciò che la circonda

L’irritazione locale della pelle che caratterizza la cheratosi attinica, la macchia di colore rosato-rosso che col tempo si ricopre di una piccola squama che si stacca ma poi si riforma senza dare sanguinamento, in realtà è solo quanto è subito evidente della lesione provocata dalla malattia.

Nelle più recenti linee guida promosse dagli esperti è stato infatti evidenziato il concetto di campo di cancerizzazione, che spiega perché una singola lesione può recidivare o trasformarsi in tumori multipli. In pratica, la cute circostante alla lesione può diventare sede di alterazioni genetiche e di iniziale e graduale sostituzione delle cellule normali con cellule anomale. Lo sviluppo di questo campo preneoplastico in espansione diventa oggi un punto saldo nella diagnosi e nel trattamento della cheratosi attinica.

Infatti, la presenza del campo di cancerizzazione e il fatto che la rimozione chirurgica del tumore primario, cioè la lesione visibile, possano portare alla crescita di nuovi nuclei cancerosi (recidiva locale) ha posto in primo piano l’esigenza di trattare non solo il tumore stesso, ma anche il campo in cui si è sviluppato.

Ciò è particolarmente raccomandabile nelle persone che presentano lesioni multiple (il 20% dei pazienti ha più di 10 lesioni), in cui l’intervento chirurgico (dermoabrasione) sarebbe un’opzione troppo traumatica.

Si è pensato allora di formulare un farmaco che consentisse non solo di eliminare ciò che è evidente, ma anche di prevenire un carcinoma squamocellulare invasivo, determinare una lunga remissione e aumentare l’intervallo fra i cicli di terapia.

L’associazione di un antinfiammatorio non steroideo e l’acido ialuronico ha prodotto diclofenac sodico ialuronato, un farmaco topico in gel trasparente che rappresenta una terapia specifica per eliminare le lesioni visibili di cheratosi attinica e trattare anche il campo di cancerizzazione. È approvato per tale terapia dall’FDA ed è in commercio in 13 Paesi Europei da oltre un decennio.

Grazie al suo meccanismo d’azione diclofenac è efficace sia sulle lesioni della cute, sia sulle cellule nell’area circostante alla lesione stessa, quelle che potrebbero andare incontro a mutazioni pericolose.
Negli studi clinici pubblicati i pazienti trattati per 60-90 giorni con diclofenac hanno visto la remissione dell’80% delle lesioni con una tollerabilità buona della cura e una bassa percentuale di effetti collaterali.

Applicando il gel due volte al giorno per qualche mese (la lunghezza della terapia dipende dall’estensione e dal numero delle lesioni) in otto casi circa su dieci la cheratosi attinica sparisce senza lasciare traccia visibile e il paziente è guarito. E il rischio di un possibile tumore viene eliminato.

Come agisce? Il diclofenac inibisce le COX, i mediatori dei meccanismi infiammatori che concorrono allo sviluppo di un tumore, e altri meccanismi cancerogenici, riducendo anche la neo-angiogenesi, cioè la formazione di nuovi vasi che sono destinati a nutrire, cioè a far crescere il futuro tumore.

Il farmaco è soggetto a prescrizione medica (classe C) e contiene anche acido ialuronico 2,5%, che garantisce il rilascio graduale di diclofenac prolungandone l’azione.
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Peeling: la verità in 10 domande

  1. Cos’è il peeling?

    È un trattamento levigante molto antico, usato per migliorare l’aspetto della pelle. Consiste nel distacco di una parte di cute, che può riguardare il solo strato di epidermide superficiale o tutta l’epidermide o interessare anche una parte del derma.

  2. Cosa si intende per peeling dermatologico?
    Spesso il peeling richiama l’idea di esfoliazione: in realtà il peeling dermatologico è una cosa ben diversa dal semplice peeling estetico, in cui l’esfoliazione è ridotta a uno scrub meccanico in cui l’aspetto chimico non esiste.

  3. Qual’è la tipologia consigliata dal dermatologo?
    Generalmente quello molto superficiale, che rimuove solo lo strato corneo.
    In effetti spesso si commette l’errore di eseguire peeling molto aggressivi che causano la perdita della naturale porosità della pelle e stimolano la produzione di nuovo collagene, cosicché la pelle impiega del tempo (circa una settimana) a ricostituirsi. Inoltre più il peeling è profondo, maggiori sono i rischi e più lungo è il periodo di assenza dalla vita sociale richiesto.
    Da qui la propensione del dermatologo a preferire trattamenti ripetuti, come i peeling multilivello: si tratta dell’esecuzione quasi contemporanea di più peeling a livello superficiale.

  4. Cosa succede dopo?
    Il decorso e la durata dell’esfoliazione varia a seconda della profondità del trattamento: breve in quelli superficiali e più lunga in quelli medi e profondi, tanto da richiedere l’astensione dalla vita sociale.

  5. Per quali situazioni è indicato?
    Dalla cura della cheratosi e dell’invecchiamento cutaneo alle discromie, dalle cicatrici post-acneiche all’acne, dalla rosacea alle radiodermatiti, dalle smagliature alla dermatite seborroica.

  6. Quali sono le sostanze usate?
    Poiché il peeling riguarda vari strati della pelle, si tende ad abbinare più sostanze al fine di una maggiore efficacia. Gli acidi più frequentemente usati sono l’acido glicolico, l’acido salicilico, l’acido tricloracetico e la soluzione di Jessner.

  7. A quali età è più indicato?
    Il peeling superficiale può essere utile a tutte le età, e in particolare è consigliato come trattamento antiage.
    Infatti l’acido glicolico permette una migliore esfoliazione delle cellule morte, i cheratinociti, che nella fase di invecchiamento si accumulano generando un ispessimento dello strato corneo e provocando secchezza, opacità e comparsa di rughe.
    Il peeling migliora quindi il turnover cellulare, ridona alla pelle luminosità, attenua le rughe, rende il colorito uniforme e migliora l’idratazione.

  8. Si può fare prima di prendere il sole?
    Si può sottoporsi a un peeling circa tre-quattro settimane prima dell’esposizione solare. Ma non immediatamente prima di un’esposizione importante.

  9. È un trattamento solo femminile?
    No, anche l’uomo può fare il peeling, saltando la zona barba che già durante la rasatura viene sottoposta a dermoabrasione.

  10. Si esegue solo sul viso?
    Il peeling è ideale per tutte quelle zone dove lo strato corneo è ispessito (gomiti e ginocchia, per esempio), che necessitano quindi di azione levigante.

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Glossario per Cheratosi Attinica – Enciclopedia medica Sanihelp.it


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Tag cloud – Riepilogo dei sintomi frequenti

squame
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