L’emicrania, una delle cefalee primarie, colpisce solo in Italia quasi il 30% della popolazione. Quali sono le cause di questo doloroso disturbo? Come si diagnostica, e soprattutto come si cura?
Categoria: Malattie neurologiche
Sigla: MGR
Che cos’è – Emicrania
Emicrania: che cos’è, quali sono le cause
L’emicrania è una cefalea primaria episodica caratterizzata dalla combinazione di sintomi neurologici, gastrointestinali e neurovegetativi.
Esistono 7 disturbi diversi classificati sotto il termine di emicrania: la forma di gran lunga più frequente è l’emicrania senza aura, mentre più rara è l’emicrania con aura.
Per aura si intende un insieme di disturbi visivi reversibili quali piccoli abbagliamenti, flash scintillanti o perdita della vista in aree limitate dell’occhio, causati dalla disfunzione di alcuni centri nervosi e in alcuni casi seguiti da disturbi sensitivi, motori e del linguaggio.
Esistono anche delle forme di emicrania molto rare, che spesso causano seri problemi di diagnosi differenziale: sono l’emicrania oftalmoplegica, quella retinica e l’emicrania emiplegica familiare, trasmessa per via genetica.
L’età di insorgenza di questa patologia è quella giovane-adulta: solo il 30% dei pazienti ha riscontrato le prime crisi durante l’infanzia, e ancora più raramente dopo i 60 anni.
Nella maggioranza dei casi, chi soffre di emicrania ne risulta affetto dall’età giovanile fino a quella pre-senile o senile.
Si tratta di un disturbo molto diffuso: ne soffre in maniera ricorrente oltre il 20% della popolazione femminile e il 10% circa di quella maschile, con una maggiore prevalenza fra la terza e la quinta decade di vita.
Le cause dell’emicrania non sono ancora del tutto chiare, e diverse ipotesi circa la sua origine sono tuttora allo studio.
L’ipotesi classica è quella di un disturbo di origine vascolare: durante un attacco emicranico si verifica una costrizione dei vasi arteriosi che riduce l’apporto di sangue in alcune aree cerebrali.
L’aura emicranica comparirebbe in questa fase, mentre la sensazione di mal di testa sarebbe dovuta alla successiva fase di dilatazione dei vasi sanguigni.
Esiste anche una recente teoria alternativa, detta ipotesi neurogena, che attribuisce l’origine dell’emicrania ad alterazioni di tipo nervoso, di cui gli scompensi vascolari sarebbero una conseguenza.
Se le cause scatenanti sono dunque ancora in fase di studio, appare però chiaro che l’insorgenza del dolore è provocata da una momentanea variazione della circolazione sanguigna extracerebrale al di sotto della leptomeninge.
Prevenzione – Emicrania
Controlla l’emicrania con lo stile di vita
Prevenire il mal di testa è possibile: basta rispettare alcune semplici abitudini di vita.
Le crisi di emicrania, infatti, non si manifestano all’improvviso, ma sono il frutto dell’accumularsi di vari catalizzatori, i cosiddetti trigger dell’attacco emicranico. Conoscerli, e quindi saperli evitare, è importante quanto utilizzare la terapia farmacologica giusta.
Dal punto di vista psicologico, i fattori scatenanti dell’emicrania sono soprattutto lo stress, le forti emozioni, una stanchezza eccessiva, una sensazione d’impotenza di fronte a situazioni difficili.
L’accumulo prolungato di questi stati d’animo può far insorgere in alcune persone forti attacchi di emicrania, che in questi casi è detta di tipo psicosomatico. Cercate di controllare le emozioni e di evitare lo stress lavorativo (vedi emicrania e lavoro): imparare a dire no, ritagliarsi più tempo libero ed essere meno esigenti con se stessi gioverà, e non solo all’emicrania.
Anche alcune situazioni fisiologiche, in particolare ormonali, possono far insorgere le crisi.
Le donne emicraniche lo sanno bene: spesso gli attacchi dolorosi si scatenano durante il ciclo mestruale o l’ovulazione. Purtroppo questi casi non si possono evitare, ma almeno ci si può premunire, prestando particolare attenzione a quei giorni.
Un altro aspetto che richiede particolari attenzioni è l’alimentazione. Secondo alcuni studi clinici americani, le crisi dolorose possono essere causate dall’istamina, un neurotrasmettitore presente in numerosi alimenti, e da altre sostanze del gruppo delle amine, come la tiratina e la fenieletamina: se l’organismo non riesce ad assorbirle normalmente, rimangono in circolo e causano emicrania.
Gli alimenti che le contengono sono: banane, yogurt, fagioli, formaggi stagionati, frutta secca, carni e pesci affumicati, gamberetti, salumi, soia, glutammato di sodio (esaltatore del sapore), aspartame (edulcorante), avocado, ananas e agrumi.
Quando li ingerite, fate attenzione alle 10-12 ore successive al pasto: se sopraggiunge una crisi, saprete quale alimento può averla scatenata, e potrete evitarlo in futuro.
Nella lista nera ci sono anche fumo e alcol, un pericolo per l’emicrania oltre che per la salute in generale.
Purtroppo, anche nell’ambiente che ci circonda sono presenti molti trigger dell’emicrania.
Il più pericoloso è il monossido di carbonio rilasciato ogni giorno da automobili e riscaldamenti: può causare forti attacchi emicranici, irritabilità, stati confusionaie, disturbi visivi, nausea, vomito e stordimento.
Lo stesso vale per l’ozono, tanto prezioso nell’atmosfera quanto dannoso a terra.
L’unica difesa da questi gas è cercare di evitare le strade più congestionate a favore di spazi verdi, tenere i finestrini chiusi se si è nel traffico o indossare le apposite mascherine.
Anche l’elettrosmog, costituito dalle onde elettromagnetiche provenienti da apparecchiature elettriche e di trasmissione, è dannoso per l’emicrania: una ricerca pubblicata sull’American Journal of Epidemiology ha dimostrato che chi abita in prossimità di grandi linee elettriche ha il 50% di probabilità in più di soffrirne.
Infine, possono favorire le crisi anche fattori climatici come forte vento, bruschi sbalzi della pressione atmosferica, carenza di ossigeno dovuta ad altitudini elevate, luci o rumori eccessivi.
Addio emicrania al lavoro
L’emicrania è una patologia piuttosto disabilitante, e per questo causa non pochi problemi al gran numero di persone che ne soffre.
Quasi tutti i pazienti ammettono che, durante un attacco di emicrania, sentono il bisogno di sdraiarsi da soli al buio, e trovano grandi difficoltà nel proseguire le attività che stavano svolgendo, dalla guida dell’automobile ai lavori di casa.
L’emicrania, dunque, può incidere notevolmente sulla vita lavorativa: è stato dimostrato che un terzo delle donne e un quarto degli uomini affetti da emicrania perdono l’equivalente di 6-20 giorni di lavoro all’anno.
Se in alcuni casi stare a casa è inevitabile, non bisogna però dimenticare che una corretta impostazione del lavoro e dell’ambiente lavorativo sono sicuramente utili a evitare o ridurre l’insorgere degli attacchi.
Provate a seguire le semplici regole anti-emicrania di Sanihelp.it:
- Non nascondete la vostra patologia, soprattutto quando le crisi sono frequenti: l’aiuto e la disponibilità da parte di chi lavora con voi sono preziosi.
- Se fate un lavoro sedentario in un ambiente chiuso, cercate di arieggiare spesso il locale e di fare un pò di attività fisica all’aria aperta ogni giorno: basta una passeggiata, o un giro in bicicletta.
- Se state a lungo seduti, cercate di mantenere la schiena eretta e di cambiare spesso posizione. Ogni tanto alzatevi per sgranchire e sciogliere i muscoli.
- Non sottoponetevi a sbalzi di temperatura eccessivi (aria condizionata o riscaldamento al massimo).
- Evitate di usare lampade da tavolo o al neon: meglio la luce naturale.
- Se svolgete un lavoro ripetitivo, fate delle brevi pause a intervalli regolari.
- Cercate di non accumulare stress eccessivo, per esempio sovraccaricandovi di lavori arretrati in alcuni periodi.
- Evitate di saltare il pranzo.
- Bevete spesso acqua fresca.
- Organizzate il lavoro in modo da poter essere sostituiti senza troppe difficoltà se l’emicrania vi costringe a casa.
Sintomi – Emicrania
Se l’emicrania arriva da piccoli
L’emicrania, purtroppo, non è una patologia che interessa solo gli adulti. In Europa ne soffrono il 5% dei bambini al di sotto degli undici anni, e il 15% degli adolescenti tra gli 11 e i 16, per un totale di 8 milioni di malati.
Ma non sono solo i numeri a permettere di parlare di emicrania dell’età evolutiva: anche le sue caratteristiche sono diverse da quelle dell’emicrania degli adulti.
Il dolore, ad esempio, non è unilaterale ma bilaterale, e gli attacchi, più brevi ma molto intensi, sono preceduti anche di molto da sintomi secondari quali mal di pancia, dolori alle gambe, sonnolenza o nausea, che rendono difficile riconoscere da subito la malattia. Ecco perché è importante una diagnosi precoce, da svolgere in tre fasi.
Innanzitutto l’anamnesi, che deve indagare la familiarità del disturbo ( presente in 2 casi su 3) e la presenza di sintomi antecedenti o di fattori di rischio.
Poi un pattern cefalico per analizzare la durata, la frequenza e l’intensità degli attacchi e l’eventuale manifestazione di fonofobia e fotofobia.
A questo punto si effettua un esame obiettivo neurologico (misurazione di peso e pressione, esame del fondo oculare), e se necessario si prosegue con esami strumentali di neuroimmagine.
In questo modo si può dar corso a una terapia tempestiva e mirata, e su questo punto ci troviamo di fronte a un’importante novità: è stata recentemente autorizzata in Italia l’indicazione specifica per gli adolescenti ad un farmaco della classe dei triptani, il Sumatriptan.
La formulazione spray da 10 mg, in particolare, si è rivelata molto efficace: l’effetto terapeutico inizia già dopo 15 minuti, e la tollerabilità è pari a quella di un placebo.
Unica controindicazione l’ipertensione e importanti disturbi cardiovascolari.
L’utilizzo di questo nuovo farmaco permette di agire in modo più mirato sull’emicrania dell’età evolutiva, e di ridurre la diffusione delle terapie profilattiche a base di calcioantagonisti e betabloccanti, fino a poco tempo fa unici strumenti per contrastarla.
Naturalmente non bisogna trascurare l’importanza di risalire alle cause, oltre che curarle.
Infatti, soprattutto nei bambini più piccoli, questa malattia non ha solo origini genetico-ereditarie, ma è fortemente influenzata dal contesto ambientale.
Spesso un bambino che soffre di emicrania è anche un bambino che si rapporta alle situazioni di vita con ansia eccessiva, talora ai limiti della depressione.
Un’interrogazione, una partita di calcio o un litigio dei genitori possono allora diventare triggers di un’emicrania che è in realtà la somatizzazione di un disturbo psichico.
L’appoggio della famiglia e il sostegno psicologico diventano quindi un fattore complementare alla cura farmacologia per ristabilire una qualità della vita sicuramente compromessa.
Irritabilità e stanchezza? È in arrivo un attacco
L’emicrania si manifesta con attacchi di dolore alla testa, di durata variabile da alcune ore a tutto il giorno, che di solito si ripetono da una a tre volte al mese.
L’esordio è spesso mattutino, ma l’attacco può manifestarsi in qualsiasi momento della giornata.
Molti soggetti sono in grado di identificare alcuni sintomi, detti prodromi, che precedono anche di diverse ore l’attacco emicranico: irritabilità, stanchezza, sonnolenza e tendenza a cambiare umore.
Dopo l’attacco, invece, si manifesta la fase algica: un crescendo di sintomi gastrointestinali quali nausea, vomito, inappetenza e pallore.
Poi, finalmente, la fase di risoluzione: prima di tornare al completo benessere vengono spesso accusati sintomi post-critici, detti postdromi, quali astenia, fonofobia e difficoltà a concentrarsi.
Durante gli attacchi, il dolore è inizialmente unilaterale e localizzato, ma si estende abbastanza rapidamente a tutto l’emicranio corrispondente, e talvolta a quello opposto.
Si tratta di un dolore pulsante, generalmente così intenso da impedire il regolare svolgimento delle attività quotidiane.
Esistono numerosi fattori, detti trigger, in grado di scatenarlo: possono essere di tipo ormonale, psicologico, alimentare o ambientale.
A seconda dell’intensità del dolore e della gravità dei sintomi associati, gli attacchi vengono definiti:
lievi, o non disabilitanti, quando non impediscono l’attività abituale del soggetto;
moderati, o parzialmente disabilitanti, quando limitano ma non impediscono tale attività;
forti, o completamente disabilitanti, quando impediscono lo svolgimento di qualsiasi attività anche di routine.
La frequenza mensile delle crisi permette di identificare forme a bassa frequenza quando non si verificano più di 2 crisi al mese, a media frequenza quando il numero mensile di crisi è compreso fra 3 e 5, e ad alta frequenza quando le crisi si manifestano almeno 6 volte al mese.
Una classificazione simile non è invece possibile per gli episodi di emicrania con aura, che hanno un andamento temporale molto più irregolare, con lunghi periodi di remissione.
Questo disturbo si manifesta generalmente in giovane età, per poi scomparire dopo i 30-35 anni.
La durata e l’intensità della fase dolorosa sono minori rispetto a quelle degli attacchi di emicrania senza aura, e anche i sintomi di accompagnamento sono spesso meno rilevanti.
I sintomi più comuni dell’aura sono i disturbi visivi, o qualsiasi segno di disfunzione cerebrale: si presentano generalmente nei 20-30 minuti precedenti all’attacco, ed evolvono gradualmente. Possono anche persistere, ma senza dolore, in età presenile.
Nelle donne, infine, l’emicrania presenta spesso un periodismo legato al ciclo mestruale, con una maggiore concentrazione degli attacchi nella fase premestruale o durante l’ovulazione.
È stata anche registrata una certa frequenza nell’insorgere dell’emicrania con aura durante la gravidanza.
Diagnosi – Emicrania
L’anamnesi aiuta a riconoscere l’emicrania
La diagnosi si basa sulla ricostruzione delle caratteristiche della cefalea e dei sintomi associati.
I dati anamnestici indagati sono:
il tipo e la localizzazione del dolore;
la durata e l’andamento delle crisi dolorose;
i sintomi associati;
i fattori scatenanti;
i farmaci assunti;
la presenza di altri casi in famiglia.
Grazie a quest’analisi è possibile riconoscere la presenza di una forma primaria di cefalea, senza confonderla con altre forme secondarie.
Per ulteriori accertamenti vengono prescritti esami specifici di laboratorio, esami radiologici e altri test legati a esami neurofisiologici come la tomografia computerizzata (TC) e la risonanza magnetica del cranio (RM).
Spesso però questi accertamenti non sono in grado di rilevare le sottili alterazioni legate all’emicrania.
La classificazione delle cefalee (detta IHS 1988) prevede anche la possibilità che l’emicrania si manifesti in un soggetto portatore di altre patologie quali le cefalee secondarie, ma solo se l’esordio della forma emicranica non si manifesta in stretto rapporto temporale con tale patologia.
Linee guida diagnostico-terapeutiche
Per il trattamento dell’emicrania, la Società Italiana per lo Studio delle Cefalee (SISC) ha elaborato nel 1993 un documento guida, di recente aggiornato.
Questo strumento si basa sugli studi condotti su casistiche di almeno 20 soggetti con cefalea primaria.
I dati ottenuti hanno permesso di individuare diversi livelli di evidenza dell’emicrania, necessari per identificare le procedure diagnostiche più adatte.
Le linee guida contenute nel documento spiegano in modo specifico come condurre una corretta diagnosi. Il primo passo è l’anamnesi, che deve indagare:
il lato del dolore e la sua alternanza;
l’intensità di nausea, fotofobia e fonofobia
la familiarità dell’emicrania, soprattutto nei parenti di primo grado;
i sintomi premonitori, come irritabilità, variazioni dell’umore, difficoltà nella concentrazione, sonnolenza e ricerca di particolari cibi;
i fattori scatenanti o favorenti quali alcuni alimenti, variazioni del sonno, eventi stressanti o cali di stress;
la presenza di osmofobia e iperosmia</a>;
la ricorrenza delle crisi in fase perimestruale;
la presenza di chinetosi, dolori addominali, vomito o vertigini.
Il documento mette anche in guardia sui sintomi a sfavore della diagnosi di emicrania: se sono presenti, probabilmente ci si trova di fronte a un’altra patologia. Vi elenchiamo i principali:
variazione nella severità delle crisi;
variazione delle caratteristiche del dolore;
variazione nella frequenza delle crisi;
presenza di altri sintomi sistemici o neurologici;
età d’esordio dopo i 40 anni;
resistenza alle cure farmacologiche.
Infine, le linee guida indicano anche gli esami diagnostici da effettuare:
esame obiettivo generale, che comprende la misurazione della pressione arteriosa, della frequenza cardiaca e della temperatura corporea, l’esame dei seni paranasali, delle arterie carotidee e dello scalpo, dei muscoli para-vertebrali cervicali e dell’articolazione temporo-mandibolare</a>;
esame obiettivo neurologico, con particolare attenzione a eventuali segni di alterazione dello stato di coscienza, di irritazione meningea, di alterazioni del fondo oculare e di segni focali;
indagini di neuroimmagine (TC, RM, angio-RM), da effettuare in caso di pazienti con segni neurologici;
elettroencefalogramma (EEG), da prescrivere solo quando, insieme ai sintomi da emicrania, compaiono anche quelli tipici di una crisi epilettica.
L’utilità delle linee guida nel trattamento dell’emicrania è innegabile, ma non va dimenticata la sua eterogeneità: i quadri clinici sono talmente differenziati da rendere indispensabile un approccio terapeutico individualizzato.
La scelta della terapia è resa ancora più complessa dalle possibili associazioni non casuali dell’emicrania con altre patologie, dalla presenza di particolari situazioni cliniche, dall’ampia variabilità di fattori legati ai farmaci e dalle preferenze dei pazienti.
In via generale, comunque, le linee guida indicano le cure farmacologiche più utilizzate, come lisina acetilsalicilato e metoclopramide per le crisi con nausea e dolore e per i sintomi predromici, o i triptani nei casi di vomito.
Vengono anche indicati tempi e modi di assunzione di questi farmaci, con particolare attenzione per quelli preventivi, che richiedono periodi di utilizzo più lunghi (4-6 mesi).
Infine, ricordate che mantenere una corretta igiene di vita, ed evitare i fattori che scatenano gli attacchi, sono regole terapeutiche da rispettare sempre.
Cura e Terapia – Emicrania
Farmaci in prima linea per curare l’emicrania
Si basa sull’uso di medicinali diversi, che agiscono sull’attacco emicranico con meccanismi d’azione molteplici. Eccone l’elenco completo:
- Analgesici
Sono rappresentati principalmente dai farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS), che inibendo l’aggregazione delle piastrine bloccano il rilascio di serotonina e la ciclo-ossigenasi.
Il capostipite dei FANS è l’acido acetilsalicilico, in uso da oltre 100 anni: possiede spiccate proprietà analgesiche, anti-piretiche e anti-infiammatorie.
Sono efficaci anche l’indometacina, il naprossene sodico, l’ibuprofene, il diclofenac e il ketoprofene.
Il paracetamolo è indicato, oltre che in gravidanza, qualora esistano controindicazioni all’uso dei FANS. - Agonisti 5-HT1
Il più usato è il sumatriptan, un efficace vasocostrittore che però causa spesso effetti collaterali come sensazione di costrizione a torace, gola e collo.
In aggiunta, nel 30-40% dei soggetti trattati con questo farmaco, la cefalea tende a ripresentarsi nelle 24 ore successive.
Per tale motivo, negli ultimi anni sono stati creati nuovi composti a struttura molecolare simile al sumatriptan, i cosiddetti triptani: hanno una maggiore biodisponibilità, una più lunga durata d’azione e una minore vasocostrizione a livello coronarico. - Ergot-derivati
Sono efficaci nel trattamento della crisi emicranica perchè determinano una vasocostrizione cranica mediante stimolazione dei recettori serotoninergici.
Tuttavia, come il sumatriptan causano spesso effetti collaterali sia lievi (nausea, vomito, diarrea, vertigini, crampi muscolari e parestesie distali), sia gravi (crisi ipertensive, dispnea, angina pectoris e claudicatio agli arti inferiori).
I più usati sono la diidroergotamina e l’ergotamina. - Antiemetici, da soli o in associazione
La metoclopramide si è dimostrata efficace nell’attenuare sia la nausea sia il dolore emicranico, mentre il domperidone, ancora in fase di studio, sembrerebbe utile nel prevenire gli attacchi emicranici quando somministrato nella fase prodromica.
Esistono anche prodotti di combinazione: l’associazione lisina acetilsalicilato-metoclopramide e l’associazione indometacina-proclorperazina-caffeina. - Steroidi
Benchè manchino studi controllati su ampie casistiche, il desametazone può risultare efficace nel trattamento dell’emicrania in casi selezionati.
Terapia preventiva
La terapia preventiva dell’emicrania si fonda su quattro classi di farmaci: calcio-antagonisti, beta-bloccanti, antidepressivi triciclici e antagonisti serotoninergici, che sono efficaci nella prevenzione degli attacchi di emicrania sulla base di meccanismi d’azione molteplici e differenziati.
Purtroppo, è in grado di ridurre la frequenza degli attacchi solo del 50%, e per questo va comunque associata a una terapia sintomatica.
I farmaci usati sono:
- Beta-bloccanti
I beta-bloccanti sono i più efficaci: tra questi il più utilizzato è il propranololo.
È considerato di prima scelta se non vi sono controindicazioni, ma non va associato all’ ergotamina, specie nei pazienti affetti da emicrania con aura, per il possibile potenziamento della vasocostrizione.
Metoprololo, atenololo, timololo e nadololo presentano la medesima efficacia ed effetti collaterali sovrapponibili (ipotensione, bradicardia, broncospasmo, ipoglicemia in soggetti diabetici). - Calcio-antagonisti
Il farmaco più utilizzato è la flunarizina, che però presenta numerosi effetti collaterali: aumenta i livelli plasmatici di prolattina, provoca depressione del tono dell’umore e aumento del peso corporeo, e assunta per lunghi periodi induce parkinsonismo.
Sono di solito sufficienti dosaggi di 5 mg al giorno per 20 giorni, da ripetere in cicli di tre mesi 2-3 volte all’anno: l’effetto terapeutico comparirà dopo 4 o 5 settimane.
Le alternative sono la cinnarizina (in dosi da 75-150 mg. al giorno), che causa però sonnolenza e aumento dell’appetito, e il verapamile (dosaggio di 160-320 mg. al giorno), indicato in presenza di depressione, ipertensione e tachicardia. - Antiepilettici
Il valproato sodico si è dimostrato utile nella prevenzione degli attacchi di emicrania e della cefalea cronica quotidiana. Al dosaggio di 600 mg. al giorno, trova indicazione nell’epilessia e anche nei disturbi d’ansia e dell’umore. - Antagonisti dei recettori serotoninergici 5-HT2
Appartengono a questa classe il metisergide (non più in commercio in Italia) e il pizotifene, che però può causare nausea, vomito, vertigini e sonnolenza. - Antidepressivi triciclici
Sono rappresentati principalmente dall’amitriptilina, un farmaco indicato per i casi di depressione, ansia, insonnia e cefalea tensiva. Va impiegata al dosaggio di 25-100 mg. al giorno in un’unica somministrazione serale.
Il diario dell’emicrania
Il diario dell’emicrania è un’apposita carta-diario, che il paziente deve compilare per ogni singolo attacco di dolore, al fine di aiutare il medico nella scelta della cura più adatta.
Ecco cosa bisogna registrare:
- caratteristiche e durata del dolore;
- grado di disabilità;
- sintomi di accompagnamento;
- consumo di analgesici;
- fattori scatenanti o favorenti.
In questo modo il medico sarà in grado di valutare, di volta in volta, l’efficacia del farmaco sintomatico prescritto per l’attacco.
Altre cure – Emicrania
Curare l’emicrania senza farmaci
Le terapie di tipo farmacologico sono le più utilizzate per la cura dell’emicrania, ma non sono le uniche.
Esistono anche delle vie alternative, che stanno raggiungendo una certa diffusione:
Agopuntura: è una delle più utilizzate, grazie alla sua provata efficacia nella profilassi dell’emicrania. La sua capacità di ridurre le crisi è elevata, e ormai è una cura sicura e consigliata.
Biofeedback elettromiografico e tecniche di rilassamento: il biofeedback è una terapia recente, che combina tecnologia, psicologia e antiche pratiche orientali.
Monitorando con esami specifici la frequenza cardiaca, la pressione arteriosa, la tensione muscolare e l’attività elettrica cerebrale, si trovano le funzioni alterate dell’organismo.
Poi si cerca di normalizzarle con un sistema di informazione a feedback: il paziente ascolta un suono di frequenza proporzionale al livello di contrazione muscolare del distretto interessato, rilevato con elettromiografia (EMG). Associando questa tecnica a metodi di rilassamento, il malato impara a ridurre l’attività elettromiografica del muscolo frontale o dei muscoli trapezi, e quindi a diminuire la frequenza degli attacchi.
Biofeedback termico: consiste nell’insegnare al paziente a riscaldare le mani con l’assistenza di un feedback sensoriale immediato, in modo da ottenere una vasodilatazione. Gli effetti clinici non sono significativi, ma la continuità delle sedute e la convinzione dei buoni risultati contribuiscono significativamente all’effetto antiemicranico.
Training di rilassamento: attraverso l’induzione del rilassamento mentale da parte di un terapista, è possibile migliorare il controllo della tensione muscolare, e quindi delle crisi di emicrania. Le tecniche più impiegate sono il rilassamento muscolare progressivo, il training autogeno e il rilassamento tramite tecniche di meditazione o tecniche di visualizzazione.
Ossigenoterapia iperbarica: l’ossigeno, grazie alla sua attività costrittrice sui vasi intra ed extracranici, può bloccare efficacemente gli attacchi emicranici. I risultati migliori sono riscontrati con la somministrazione di ossigeno iperbarico si tratta però di una tecnica poco esplorata e ancora in fase di studio.
Ipnosi: ha una lunga tradizione, ma pochi studi controllati sulla sua efficacia. La capacità di migliorare i sintomi dell’emicrania è pari a quella del biofeedback, e può essere abbinata a una terapia cognitivo-comportamentale.
Manipolazione cervicale: il medico, o il fisioterapista, esegue sul paziente un movimento articolatorio della colonna vertebrale sia entro che al di fuori della sua normale oscillazione. Senza assunzione di farmaci, la riduzione della frequenza delle crisi è del 40% circa.
Terapia cognitivo-comportamentale: è consigliata come integrazione al trattamento farmacologico, soprattutto per bambini e adolescenti, perché permette di personalizzare la cura dell’emicrania agendo sui singoli e personali fattori trigger. In questo modo si evita l’assunzione eccessiva di analgesici: una brutta abitudine, che cronicizza l’emicrania.
Fototerapia: esposizione del paziente a brevi sedute di “bagni di luce”, indicata per combattere i sintomi depressivi legati all’emicrania.
Fatevi consigliare su queste cure dal vostro medico, o rivolgetevi a un centro specializzato: potreste trovare un valido alleato ai vostri soliti farmaci.
Agopuntura contro l’emicrania: primo riconoscimento
Sono passati più di 2000 anni da quando i cinesi hanno inventato l’agopuntura, ma la medicina occidentale le ha dato il primo riconoscimento ufficiale solo ora.
Secondo un gruppo di scienziati britannici, che hanno pubblicato la loro ricerca sul sito web del British Medical Journal, questa cura alternativa sarebbe infatti efficace contro il mal di testa cronico e l’emicrania.
La ricerca, condotta da Andrew Vickers del Centro contro il Cancro del Memorial Sloan-Kettering di New York, in collaborazione con l’Ospedale Omeopatico di Londra, ha coinvolto 401 pazienti del sistema pubblico britannico (NHS) che soffrivano di emicrania almeno due volte al mese e che si curavano assumendo in media quattro antidolorifici alla settimana.
I ricercatori hanno diviso i pazienti, l’85% dei quali donne, in due gruppi: il primo ha continuato a curarsi con il consueto metodo, il secondo è invece stato sottoposto a 12 sessioni di agopuntura per i primi tre mesi della prova.
Dopo un anno di trattamenti, lo studio ha rivelato che i pazienti sottoposti all’agopuntura stavano meglio rispetto a quelli che avevano semplicemente continuato ad assumere medicinali .
I pazienti del secondo gruppo avevano infatti guadagnato 22 giorni in meno di mal di testa all’anno, ridotto del 25% le visite dal medico, assunto il 15% di medicine in meno e in media preso meno giorni di malattia rispetto ai pazienti del primo gruppo.
La cura consiste nell’infilare dei minutissimi aghi in 365 punti diversi della pelle, che secondo gli esperti si allacciano ai canali energetici del corpo.
I medici ancora non capiscono esattamente come funzioni l’agopuntura, ma sulle basi del recente studio ritengono che il sistema sanitario nazionale dovrebbe iniziare a offrire questa cura alternativa ai propri pazienti, anche per la maggiore convenienza del rapporto costo-benefici rispetto ai metodi tradizionali.
Aspetti psicologici – Emicrania
Conseguenze dell’emicrania per malati e familiari
L’impatto dell’emicrania è notevole, sia sulla vita del malato che sulla società in cui vive.
Il 60% dei soggetti affetti da emicrania presenta uno o più episodi mensili di forte intensità: questo corrisponde a un grado variabile di disabilità correlata alla malattia, che si ripercuote sull’attività produttiva e sociale del soggetto, sui rapporti familiari e sugli svaghi.
Circa il 30% dei pazienti, infatti, è costretto a rinunciare agli impegni sociali o familiari durante gli attacchi.
Non solo: il 24% segnala una ripercussione negativa sulla propria vita sessuale.
Oltretutto, il paziente viene condizionato dall’emicrania anche al di fuori dell’attacco: temendone la comparsa improvvisa, spesso instaura una vera e propria condotta di evitamento, che lo porta a rinunciare a particolari cibi o bevande, a evitare di esporsi al sole, di fare tardi la sera o, al contrario, di dormire troppo.
Ma non dimentichiamo l’importanza dell’impatto dell’emicrania sui familiari.
È stato calcolato che nel 76% dei casi il coniuge reagisce in modo negativo al problema: entra in ansia per paura che l’attacco possa essere espressione di una patologia organica più grave, e soffre nel constatare la disabilità del malato.
In altri casi, al contrario, l’emicrania viene sottovalutata, o peggio considerata alla stregua di un disturbo psicologico, quasi che il paziente ne fosse il responsabile.
Per evitare questi comportamenti, è importante che il medico si preoccupi di informare e sensibilizzare sul problema sia l’interessato che chi gli vive accanto.
In ultimo, l’emicrania incide fortemente anche sul sistema sanitario nazionale, a causa del gran numero di persone che ne soffre: le prestazioni richieste comprendono la consultazione del medico di base, il ricorso alle strutture per l’urgenza, l’uso di analgesici da banco e la prescrizione di accertamenti strumentali più o meno indispensabili.
Glossario per Emicrania – Enciclopedia medica Sanihelp.it
Tag cloud – Riepilogo dei sintomi frequenti
cefalea
repulsione per il cibo
conato
emicrania
mancanza di equilibrio
perdita dell’equilibrio
visione di lampi di luce
mancamento
dolore alla mandibola
nausea
rigetto
rigurgito
sbandamento
giramento di testa
male di testa
vertigini
alterazioni del viso
disturbi della vista
voltastomaco
vomito
sensazione di vomito