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Paola Perego ha la tiroide che lavora poco

Endocrinologia

Sanihelp.it – «Mi alzavo la mattina già fiacca, non avevo voglia di fare niente, non stavo in piedi, ero perennemente stanca. Avevo anche problemi a dormire: o non prendevo sonno, o avrei riposato tantissimo. Per non parlare di un aumento di peso anomalo e inspiegabile» così Paola Perego racconta in un’intervista a Ok salute e benessere i sintomi che le si sono manifestati quattro anni fa e che poi avrebbe scoperto connessi con l’ipotiroidismo.
 
Parliamo della malattia della tiroide più diffusa (la forma più frequente, quelle autoimmune, interessa infatti circa il 2% della popolazione italiana, con punte anche del 15-16% tra le donne in menopausa): determina una insufficiente produzione di ormoni tiroidei, che giocano un ruolo fondamentale nella regolazione del metabolismo, dei processi di crescita, della riproduzione, dell’attività cardiaca e del sistema nervoso.  


Per questo i sintomi principali sono: astenia, debolezza, rallentamento del metabolismo, dei riflessi e dei processi mentali, ma anche una maggiore ritenzione di liquidi, con sensazione di gonfiore, in particolare al volto, stitichezza, disturbi del sonno, irritabilità. La conduttrice aveva inizialmente imputato la stanchezza a un problema di anemia, di cui sapeva di soffrire. Invece un’ecografia alla tiroide, che le ha rivelato la presenza di noduli (tra le conseguenza della malattia) e il successivo consulto con un endocrinologo, l’hanno portata alla diagnosi di ipotiroidismo e alla terapia:  «Ho cominciato subito con una cura farmacologica: prendo una pastiglia al giorno a base di levotiroxina sodica, e la dovrò prendere per tutta la vita per far lavorare la mia tiroide pigra» racconta lei stessa.
 
Si tratta sostanzialmente di una terapia ormonale sostitutiva:la levotiroxina non è altro che l’ormone tiroideo tiroxina e  va assunto per tutta la vita a dosi sovrapponibili a quelle che sarebbero prodotte dalla tiroide in condizioni normali e che sono personalizzate. E siccome per questo ormone la differenza fra la dose efficace e la dose tossica è piccola, si comincia a basse dosi, aumentate in modo graduale, valutando i livelli ormonali con controlli del sangue fino a raggiungere quello ottimale caso per caso.

Lo testimonia anche la Perego: «Ho iniziato con dosi bassissime per limitare gli effetti collaterali, come per esempio episodi di tachicardia e insonnia: sono partita da 0,25 microgrammi e ora sono a 100. L’energia però mi è tornata immediatamente! Tra controlli periodici ogni tre mesi, esami del sangue ed ecografie per capire come andavano i valori, oggi alcuni noduli si sono ridotti e altri sono addirittura scomparsi».

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