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Il dibattito astrologico dei romani

Sanihelp.it – I romani erano divisi riguardo all’astrologia: alcuni la rifiutavano con argomentazioni logiche, e nel 139 a.C. il pretore Hispallus tentò senza successo di cacciare gli astrologi.


Più tardi, dopo le persecuzioni di cui furono oggetto, i maghi caldei ebbero il favore degli imperatori. Augusto manifestò la propria convinzione facendo incidere sulle monete il proprio segno astrologico, il capricorno.
Nel De divinatore, scritto nel 44 a.C., Cicerone, che durante la giovinezza era stato favorevole all’astrologia, tentò di invalidarla argomentando che i gemelli, nati nel medesimo luogo, potevano tuttavia avere destini differenti e che, al contrario, uomini nati in momenti e luoghi diversi incontravano talvolta un identico destino morendo sullo stesso campo di battaglia.

Sotto Tiberio e Nerone l’astrologia venne infine riconosciuta, ma alla morte di Nerone, nel 69 a.C., al di là di ogni pronostico fu proclamato imperatore Vespasiano. Restauratore dell’ordine dopo il periodo travagliato delle guerre civili, ottenne rapidamente il favore del popolo che riconobbe in lui i segni della predilezione divina.

Tra le sue riforme, Vespasiano tentò di sopprimere l’astrologia, che però s’impose di nuovo quale sostituto alla mancanza di credenze religiose. Nel 300 d.C. il notaio imperiale Firmicus Matermus dedicò all’astrologia otto libri che ebbero grande influenza fino al Rinascimento: Matematica, o il potere e l’influenza delle stelle

In seguito, verso il VI secolo d.C., con l’era cristiana e la decadenza dell’impero romano gli ultimi astrologi scomparvero. L’astrologia divenne allora occupazione dei dotti ebrei e arabi.

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