Sanihelp.it – Secondo il rapporto sull’assistenza sanitaria privata in Italia, realizzato da Assolombarda e Cergas-Bocconi, ogni regione ha sviluppato un diverso equilibrio tra strutture sanitarie private e pubbliche, un diverso modo di gestirle e anche un diverso modo di tenere sotto controllo i bilanci.
Non esiste una formula magica semplice e immediata. La solita frase: «più privato meno sprechi» non ha senso in questo contesto, esistono sicuramente esempi da prendere come riferimento ed esempi da evitare.
Di tutto questo se ne è parlato ieri in un convegno presso Assolombarda al quale hanno partecipato il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni e il ministro della salute Livia Turco.
Il mix pubblico privato nella sanità è un fenomeno in atto da qualche anno ma ancora poco studiato, il rapporto di Assolombarda si pone come primo studio rigoroso sul settore. Dalla ricerca si nota che i soggetti privati non operano in specifici campi ma si sono distribuiti nelle diverse aree anche se con differenze. Il privato copre il 25% dell’offerta delle case di cura e degli istituti specialistici, il 57% degli ambulatori e laboratori accreditati, il 69% delle strutture residenziali e il 79% delle strutture riabilitative.
Queste differenze poi si dipanano anche a livello territoriale, prendiamo come esempio i pronto soccorso: in Lombardia siamo al 26% in Friuli Venezia Giulia al 20% in Campania al 10% nel Lazio al 2,4%, in Sicilia all’1,6% e in tutte le altre regioni siamo praticamente a 0. per quanto riguarda gli IRCCS privati ci sono il Lazio con 7 e la Lombardia con 12 a farla da padrone e poi Molise, Puglia, Sicilia, Toscana e Veneto che ospitano sul loro territorio un IRCCS.
La differenza in termini di presenza di privato accreditato nelle diverse regioni non spiega da sola l’alto o il basso livello di performance del Servizio Sanitario Regionale. Ci sono SSR con forte presenza del privato e con buoni risultati di bilancio (Lombardia e Puglia) ma anche con cattivi risultati (Lazio e Campania) allo stesso modo ci sono regioni dove la spesa privata è minore ma i bilanci sono buoni (Toscana, Friuli), in altre sono invece pessimi (Sardegna).
Secondo i ricercatori l’aspetto più critico nel dibattito sul ruolo del privato in sanità non è la presenza di tali soggetti nel SSR, quanto piuttosto la volontà e la capacità delle Regioni di governare il SSR nel suo complesso e il ruolo dei privati.
Purtroppo questa volontà non è ancora nel dna dei consigli regionali basti pensare che in sole 4 regioni (Lombardia, Emilia romagna, Toscana e Trenitino Alto Adige) è stato completato l’iter che definisce un regolamento di accreditamento delle strutture sanitarie.