Sanihelp.it – Secondo stime della Coldiretti in Italia nascono ogni anno circa 15000 bambini che sviluppano varie forme di allergia verso le caseine o altri elementi costitutivi del latte vaccino.
Nella pratica clinica si è visto che vi è un’elevata probabilità di reattività crociata fra il latte vaccino e quello di capra o cavalla ecco perché il latte d’asina è il più raccomandato in caso di intolleranza su base immunologica alle proteine del latte vaccino (APLV), un’allergia alimentare che può presentarsi dopo l’introduzione nella dieta del neonato, del latte vaccino.
Il latte d’asina in caso di APLV è un valido intervento terapeutico perché ha un profilo biochimico sovrapponibile a quello umano dal quale si discosta soprattutto per il contenuto lipidico: il latte equino infatti, è più magro di quello vaccino e quindi presenta un minor valore energetico, anche se tali carenze sono facilmente gestibili con appropriate integrazioni o ricorrendo nel tempo, a particolari criteri selettivi delle razze asinine.
Il latte d’asina, a partire dai 6 mesi di vita del neonato, può essere una valida alternativa alle formule a base di soia o degli idrolisati proteici spinti che in caso di APLV, garantiscono una crescita ottimale del bambino, ma spesso hanno una scarsa palatabilità.
In caso di APLV, inoltre, non si dovrebbero orientare immediatamente le mamme verso il latte di soia perché circa il 15% dei neonati si sensibilizzano alle proteine della soia anche se tale rischio si minimizza dopo il primo semestre di vita del bambino.
Si stima che il 63% di tutto il latte d’asina prodotto venga acquistato per la dieta dei bambini da privati e cliniche pediatriche.