Sanihelp.it – A 48 anni Jodie Foster torna a Cannes, fuori concorso, nella duplice vesta di interprete e regista: è suo The Beaver, Il castoro, la storia di un manager di giocattoli che, colpito da una grave forma di depressione, tenta il suicidio, ma si salva grazie alla marionetta di un castoro, trovata nella spazzatura, che egli animerà, usandola per comunicare con la sua famiglia e con il mondo.
È un piccolo film personale, così lo ha definito la stessa regista, che recita anche al fianco del protagonista, Mel Gibson. Una pellicola che affronta il tema della depressione e della solitudine, problematiche care alla Foster regista: «Stavolta m'interessava raccontare la solitudine che si vive proprio all'interno della famiglia: le persone che ti sono più vicino spesso sono quelle che ti capiscono meno» spiega in un’intervista rilasciata in questi giorni a Repubblica.
Parole che tradiscono una certa familiarità con questo tipo di solitudine. Infatti la depressione è un problema che ha toccato da vicino la regista: «Nella mia famiglia c'è chi l'ha sperimentata. E anch'io ne ho sofferto, anche se l'ho vissuta come l'occasione per raggiungere una maggiore profondità spirituale» racconta. «Ma ci sono diversi tipi e gradi di depressione: c'è la componente genetica, c'è la depressione chimica che necessita di cure cliniche».
L’indimenticata baby prostituta di Taxi Driver aggiunge anche una personale analisi sul differente modo che Europei e Americani hanno di approcciarsi a situazioni critiche come queste: «Avere tutto e sentirsi vuoti è una condizione che appartiene all'essere umano. Ma mi pare che la cultura europea sia più consapevole di questa condizione e la capisca. Noi Americani siamo come grandi bambini, ne siamo sorpresi. Optiamo per le soluzioni facili: abbiamo una pillola per qualunque problema, se sei stanco, depresso, obeso».