Sanihelp.it – È oramai noto che l’infarto del miocardio rappresenta la principale causa di mortalità nella popolazione occidentale. In particolare, lo shock cardiogeno, una grave complicanza dell’infarto stesso, rappresenta un serio problema spesso difficile da gestire, con rischio di mortalità spesso vicino al 90%.
Nelle strutture ospedaliere dove è presente una equipe cardiochirurgica, cardiologica e rianimatoria, grossi sforzi vengono costantemente effettuati per ridurre questa elevata percentuale: è il caso dell’azienda ospedaliera San Gerardo di Monza, che ha recentemente presentato un innovativo progetto, denominato Progetto ECMO.
La proposta del nosocomio brianzolo è quella di applicare allo shock cardiogeno una strategia terapeutica basata sull’utilizzo dei sistemi di circolazione extracorporea, in particolar modo l’ECMO (Extra-Corporeal Membrane Oxygenation), non solo per gli interventi chirurgici ma anche al letto del paziente e perfino in strada, sul luogo del soccorso, dotando l’automedica di tale dispositivo.
L’utilizzo di questo macchinario, che ha un costo relativamente ridotto (circa 30 mila euro) ed è già disponibile in molti ospedali, offre la possibilità di salvezza mediante una stabilizzazione delle condizioni emodinamiche e quindi la possibilità di una tempestiva diagnostica e l’eventuale intervento di rivascolarizzazione tramite angioplastica o bypass aortocoronarico.
«A nostro parere», ha dichiarato Giovanni Paolini, direttore dell’Unità operativa di Cardiochirurgia dell’ospedale monzese, «poter mettere a servizio delle strutture ospedaliere che ruotano attorno al 118 di Monza e Brianza ed anche oltre l’impiego dell’ECMO per una categoria selezionata di pazienti, rappresenterebbe un altro passo avanti nella lotta contro l’elevata mortalità dell’infarto e dello shock cardiogeno».
Con l’aiuto anche dell’associazione Brianza per il Cuore, il Progetto ECMO verrà proposto anche ad altre strutture ospedaliere, con l’intento di integrare e completare la proposta con consigli ed idee di altri esperti del settore cardiologico e rianimatorio. In futuro si potrebbe arrivare a elaborare un vero e proprio protocollo, da diffondere magari su tutto il territorio nazionale.