Sanihelp.it – Partirà entro la fine del 2007 e durerà circa 3 anni il progetto di studio sull’asfissia neonatale promosso dall’OMS in collaborazione con Fondazione Chiesi.
Ben 4 milioni di morti neonatali si verificano annualmente, e di queste il 98% avviene nei Paesi più poveri e il 23% è dovuto ad asfissia neonatale, ossia a una carenza di ossigeno nel feto causata dalla sua incapacità di respirare spontaneamente alla nascita. Quasi un milione di bimbi muore ogni anno per questo motivo e altrettanti vanno incontro a danni cerebrali come epilessia, deficit della vista o dell’udito e paralisi cerebrale, benché la situazione sia in molti casi risolvibile, se affrontata tempestivamente e con mezzi adeguati. Quest’emergenza sanitaria, rara nei Paesi sviluppati (le morti neonatali in Italia sono ogni anno 5-6 su 1000 nascite), è frequente nei Paesi poveri ma anche sottostimata e spesso non riconosciuta, soprattutto per la mancanza di una definizione uniforme e di criteri diagnostici specifici.
Sotto il coordinamento di tre Departments dell’OMS (Child and Adolescent Health, Making Pregnancy Safer e Reproductive Health and Research), ricercatori dei Paesi avanzati e colleghi dei Paesi più sfortunati hanno riunito le loro esperienze per identificare cause e basi fisiopatologiche dell’asfissia neonatale. Scopo: mettere a punto uno strumento diagnostico abbastanza sensibile (ing rado di riconoscere il maggior numero di casi) e specifico (capace di distinguere l’asfissia da altri problemi) da riuscire a identificare in tempo utile i bambini da rianimare, anche nei Paesi poveri.
Un simile strumento consentirà inoltre di riconoscere i casi di asfissia neonatale attraverso segni clinici facilmente osservabili e registrabili anche da personale sanitario locale addestrato allo scopo, ma non necessariamente specializzato.
È cruciale identificare e curare le mamme a rischio che al momento del parto andrebbero indirizzate a centri specializzati. Occorre inoltre addestrare personale sanitario e sviluppare sistemi di trasporto per le gestanti a rischio e i neonati malati.
Il progetto prenderà il via in Pakistan, dove si studieranno almeno 2.000 neonati, poi proseguirà in altri paesi, a cominciare dalla Repubblica Sudafricana.