Sanihelp.it – Sono stati pubblicati su Lancet Oncology i dati di follow-up a dieci anni dello studio ATAC (Arimidex, Tamoxifen, Alone or in Combination), uno degli studi di più lunga durata e ampiezza al mondo sulla terapia adiuvante iniziale con inibitore dell’aromatasi (IA) nelle donne in post-menopausa con carcinoma mammario precoce.
I risultati confermano la superiore efficacia a lungo termine e il consolidato profilo di sicurezza di anastrozolo rispetto a tamoxifene, anche oltre il termine del trattamento. Lo studio dimostra, inoltre, l’effetto immediato dei benefici di anastrozolo rispetto a tamoxifene e la sua efficacia protratta fino a cinque anni dal termine del trattamento, un periodo significativamente più lungo rispetto a quanto valutato in ogni altro studio sugli IA adiuvanti in tale contesto.
Il carcinoma mammario colpisce circa 1,4 milioni di donne in tutto il mondo ed esiste il rischio a lungo termine (almeno per i successivi 15 anni) di ricomparsa del carcinoma mammario precoce.
L'obiettivo del trattamento è prevenire la recidiva nel breve e nel lungo termine, in quanto, nel momento della ricomparsa e della diffusione del carcinoma, la terapia risulta spesso essere solamente un palliativo. Le nuove evidenze dello studio ATAC forniscono un’ulteriore conferma dell’efficacia della terapia con anastrozolo fin dal principio, in quanto si è dimostrata in grado di proteggere le donne dalla recidiva sia nei cinque anni di trattamento che fino ai cinque anni successivi allo stesso (effetto noto come carry-over).
Il dottor Raffaele Sabia, Vice-President Medical di AstraZeneca Italia, spiega: «I dati a 120 mesi dello studio ATAC rappresentano un nuovo significativo traguardo per l’ormonoterapia del carcinoma mammario. Per la prima volta, nella terapia adiuvante di questa patologia, si dimostra che il beneficio ottenuto nei cinque anni con anastrozolo si mantiene e aumenta in ampiezza anche nei cinque anni successivi, senza impatti negativi in termini di sicurezza. Nessun altro studio ha dimostrato un effetto carry-over così evidente».
I dati del follow-up a dieci anni mostrano che nelle pazienti positive al recettore ormonale sono stati riscontrati significativi miglioramenti con anastrozolo rispetto a tamoxifene per l’endpoint primario della sopravvivenza libera da malattia con 735 eventi rilevati con anastrozolo rispetto a 824 eventi con tamoxifene. Si sono osservati miglioramenti analoghi relativamente al tempo alla recidiva con 456 eventi rilevati con anastrozolo, rispetto ai 558 con tamoxifene. I dati hanno inoltre dimostrato che i tassi di mortalità a seguito di recidiva sono rimasti inferiori con anastrozolo rispetto a tamixofene, con rispettivamente 284 eventi contro 320, sebbene vi fosse una scarsa differenza nella mortalità complessiva. Infine, come previsto, sia nelle pazienti negative per il recettore ormonale sia in quelle con stato non noto per il recettore ormonale non é stato riscontrato alcun miglioramento.
Il profilo di tollerabilità di anastrozolo a 120 mesi è risultato in linea con le osservazioni precedentemente emerse dallo studio: non sono state, infatti, riscontrate problematiche relative alla sicurezza.Sebbene durante il trattamento attivo i tassi di frattura fossero più alti per le pazienti trattate con anastrozolo rispetto a quelle trattate con tamoxifene, al termine del trattamento le percentuali si sono dimostrate simili.
L’incidenza di nuovi tumori agli arti superiori nelle pazienti trattate con anastrozolo rispetto a quelle trattate con tamoxifene si è dimostrata generalmente analoga. La presenza di melanoma, carcinoma endometriale e carcinoma ovarico è risultata inferiore nelle pazienti trattate con anastrozolo, mentre la presenza di cancro colon-rettale e polmonare ha continuato, invece, a essere superiore nel trattamento con anastrozolo.
Anastrozolo è oggi l’inibitore dell’aromatasi (IA) maggiormente impiegato in tutto il mondo, con oltre il doppio delle prescrizioni rispetto al secondo IA maggiormente prescritto e l’esperienza di oltre 5,5 milioni di pazienti all’anno. Questi nuovi dati confermano la superiore efficacia a lungo termine e il convalidato profilo di sicurezza di anastrozolo rispetto a tamoxifene come terapia adiuvante iniziale nelle donne in età post-menopausale affette da carcinoma mammario precoce con recettori ormonali positivi.