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Svezzamento: gli errori da evitare

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Sanihelp.it – Ecco quali sono i 5 luoghi comuni più diffusi e gli sbagli più frequenti delle mamme.


1. Aspetto prima di dargli pane e pasta. Non è necessario posticipare l’introduzione del pane e della pastina, anche perché è opportuno sapere fin dall’inizio se il bambino ha una forma di intolleranza al glutine (celiachia).

2. Devo rispettare la progressione cibi semisolidi / solidi. L’ordine con cui gli alimenti semisolidi e solidi vengono introdotti nella fase dello svezzamento non riveste più l’importanza che un tempo veniva attribuita; oggi può variare in base alla preferenza espressa dal bambino e alla cultura gastronomica della famiglia e del pediatra che fornisce i consigli. 

3. Carni e latticini vanno sempre bene. Attenzione: non bisogna esagerare, nella fase dello svezzamento, con l’offerta di cibi salati e ad alto contenuto proteico. Gli errori più comuni nella prima alimentazione sono dovuti infatti all’eccesso di formaggio, formaggini e carne, che appesantiscono il metabolismo del bambino e possono anche orientare le sue preferenze future verso un’alimentazione meno sana, perché iperproteica (con troppe proteine) e ipersodica (con troppo sale).

4. Aggiungo qualcos’altro al latte, per renderlo più gustoso. Nel caso di allattamento artificiale alcune mamme hanno la tentazione di aggiungere nel biberon biscotti, creme e altro al latte dei primi mesi. Bisogna invece aspettare almeno il 4° mese e possibilmente il 6°, procedendo con uno svezzamento secondo linee guida generali analoghe a quelle valide se il bambino è allattato al seno.

5. Se non mangia, gli do le vitamine. Solo il medico può diagnosticare una mancanza di vitamine e quindi prescrivere la cura più adatta.
Nel primo anno di vita sono fortemente raccomandate, sia ai bambini allattati al seno che a quelli allattati artificialmente, la vitamina K, fondamentale per evitare i sanguinamenti spontanei, sia precoci che tardivi, e la vitamina D, importante per un adeguato sviluppo dello scheletro e per evitare il rachitismo, ma solo a quei bambini che per varie ragioni (clima, pelle nera o molto scura, stile di vita) non siano in grado di beneficiare dello stimolo della luce solare per produrre un’adeguata quantità di vitamina D. Contenendo il latte materno una quota di vitamina D, non è necessario supplementare con questa vitamina i bambini nati a termine di gravidanza e con buon peso, se allattati al seno.

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