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HIV: progetti e novità nella terapia

Il 1 dicembre la Giornata Mondiale contro l'AIDS

Sanihelp.it – Dieci nuove diagnosi d’infezione da HIV al giorno, attribuibili soprattutto a rapporti sessuali non protetti, diagnosi sempre più tardive e aumento delle persone inconsapevoli di aver contratto il virus. In occasione della Giornata Mondiale contro l’AIDS, la Società Italiana di Malattie Infettive (SIMIT) presenta due nuovi progetti per migliorare la qualità dell’assistenza e ottimizzare le risorse disponibili. «Negli ultimi anni la cura dell’HIV ha fatto progressi incredibili, tanto che in Italia la mortalità è la più bassa al mondo. Nonostante questo, il numero dei nuovi casi non diminuisce, con circa 4.000 persone diagnosticate ogni anno. Ecco perché come società scientifica ci siamo proposti  due progetti per ottimizzare l’assistenza ai pazienti, anche con un focus al femminile», spiega il professor Massimo Andreoni, Primario di Malattie Infettive al Policlinico Universitario Tor Vergata di Roma e Presidente SIMIT.


Il Patient's Journey, primo progetto a livello internazionale sull’HIV è una vera e propria mappatura del percorso assistenziale vissuto dal paziente: si propone infatti di individuare le tappe a maggiore criticità per il raggiungimento degli obiettivi di qualità nell’assistenza in HIV, identificare i parametri per l’ottimizzazione del processo di cura e delle risorse per garantire livelli di qualità nella gestione dell'infezione da HIV. «Il progetto Patient's Journey è caratterizzato da una forte componente interdisciplinare, in quanto coinvolge le persone con HIV, infettivologi, farmacisti e infermieri nella verifica del processo assistenziale e nella proposta di un modello di cura centrato sui bisogni specifici delle persone, considerando anche il loro vissuto fuori dall’ospedale e gli aspetti emozionali», commenta il professor Adriano Lazzarin, Direttore del dipartimento di malattie infettive dell’Irccss Ospedale San Raffaele di Milano.

 Nell’ambito dell’infezione da HIV, il target femminile è un aspetto sul quale SIMIT intende focalizzarsi: l’HIV è infatti la principale causa di morte tra le donne in età fertile in tutto il mondoWIN, Women Infectivology Network è una task force di undici infettivologhe, coordinata dalla professoressa Antonella d’Arminio Monforte (Clinica Malattie Infettive, Polo Universitario San Paolo, Università di Milano) e dalla dottoressa Adriana Ammassari (Istituto Nazionale per le Malattie Infettive L. Spallanzani, Roma) il cui obiettivo è sviluppare progetti di ricerca, educazionali, di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, ma anche costruire insieme un network integrato di prevenzione e assistenza per la donna, che tenga conto non solo delle differenze di sesso, ma anche delle differenze di genere e delle specificità della donna in tutte le fasi della vita: età fertile, maternità, menopausa e invecchiamento.

«Il gruppo di lavoro nasce come costola del progetto europeo Women for Positive Action (WFPA), proprio perché non solo esistono differenze di risposta ai trattamenti antiretrovirali tra uomini e donne ma anche perché persistono pregiudizi e informazioni scorrette, legate anche a una cattiva comunicazione tra medico e paziente: basta ricordare che, per esempio, le donne sieropositive incontrano ancora difficoltà nella scelta di anticoncezionali che spesso interferiscono con i farmaci antiretrovirali, tanto che si registra un maggior ricorso all’aborto volontario, oppure che quasi la metà delle donne in età fertile non vuole avere un figlio per paura di infettarlo quando il rischio di trasmissione oggi è inferiore all’1%», spiega la professoressa Antonella D’Arminio Monforte.L'innovazione trasforma il panorama terapeutico, migliorando la gestione della malattia e lo stile di vita di coloro che sono affetti da HIV. Nell’arco di dieci anni siamo passati da una terapia complessa che richiedeva l’assunzione di molte compresse ogni giorno, a una sola capsula che racchiude la terapia antivirale completa. Oggi è disponibile in fascia C un nuovo STR (elivitegravir/cobicistat/ emtricitabina/tenofovir disoproxil fumarato) con nome commerciale Stribild. Si tratta di una monocompressa in somministrazione unica giornaliera che riunisce assieme due farmaci nuovi (un inibitore dell’integrasi, che blocca il virus prima che possa integrarsi nel materiale genetico della cellula e un booster che ne prolunga la permanenza in circolo)  e due farmaci usati da molti anni per trattare l’HIV (un inibitore nucleosidico della trascrittasi inversa e un inibitore nucleotidico della trascrittasi inversa). 

Se si devono prendere diversi farmaci per l’HIV separatamente aumenta la probabilità di saltarne l’assunzione e questo favorisce l’emergere di resistenza ai farmaci e abbassa il tasso di efficacia della terapia, come dimostrano i maggiori casi di ospedalizzazione e mortalità registrati fra questi pazienti. «Fra le numerose opzioni terapeutiche per l’HIV, gli STR sono quelli che hanno maggiori probabilità di favorire la compliance dei pazienti e quindi aumentare le possibilità di successo della terapia. Questo è un aspetto essenziale soprattutto se si considera che queste terapie devono essere assunte per tutta la vita»,  commenta Massimo Andreoni, Divisione di Malattie Infettive del Policlinico Tor Vergata, Roma e presidente della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (SIMIT).
 A cambiare, negli ultimi dieci anni, non è stata solo la terapia, ma anche lo scenario dell’infezione. Il Centro Operativo Aids dell’Istituto Superiore di Sanità ha indicato che la popolazione con HIV/AIDS è sempre più anziana. Se infatti nel 1985 l’età media dei nuovi diagnosticati era 25 anni, nel 2012 è stata 37 anni. Mentre la fetta di persone HIV positive over 50 è superiore al 17%. 

«L’invecchiamento della popolazione con HIV pone nuovi problemi di gestione del paziente, fra cui lo sviluppo di comorbilità. Dobbiamo quindi considerare con attenzione le opzioni terapeutiche per limitare le interazioni fra farmaci e aumentare la loro adesione alla terapia, semplificando il carico di pillole. Gli STR sono farmaci importanti nel nostro arsenale terapeutico per il raggiungimento di questi obiettivi», continua Andreoni.

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