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Lotta all’HIV: scoperte le forbici molecolari

Sanihelp.it – Tra tutte le malattie che hanno scatenato profondo terrore nel genere umano, il morbo dell'AIDS è stato in assoluto quello che più di tutti ha segnato la fine del secolo scorso: la pandemia scattata in seguito alla diffusione del virus HIV durante gli anni '80 e '90 ha innegabilmente prodotto impatti devastanti. Oltre al triste primato per numero di decessi causati, questa autentica epidemia ha avuto più di ogni altra un clamoroso effetto sociale e culturale: pensiamo per esempio alla diffusione del consapevolezza della necessità di rapporti occasionali protetti con l'uso del preservativo, concezione fortemente osteggiata dalla Chiesa Cattolica; o anche alla sorta di emarginazione del paziente, che non viene tanto considerato dalla società «sana» come un malato ma come un diverso, condizione che di fatto non deriva semplicemente dalla possibile infezione che può provocarne la frequentazione, ma anche dalla stigmatizzazione dei comportamenti considerati direttamente correlati alla contrazione del virus, comportamenti quali promiscuità sessuale o abuso di droghe.


Con la scoperta di terapie farmacologiche antiretrovirali che di fatto non debellano il morbo della immunodeficienza acquisita, ma lo mantengono comunque sotto controllo, l'inquietudine e l'attenzione verso la ricerca di una definitiva cura che possa portare alla totale scomparsa di questa patologia è un po' scemata: complice il silenzio a cui spesso i pazienti sono costretti per evitare la sopra citata emarginazione sociale, oltre ad una sorta di «cintura di quarantena» che ha portato i membri del cosiddetto mondo civilizzato a percepire il problema come preoccupazione esclusiva dei paesi sottosviluppati, la cui povertà e arretratezza culturale impedisce di permettersi informazioni corrette e terapie costose.

Quest'ultima concezione è quanto di più lontano dalla verità: è vero che l'impatto dell'HIV è stato relativamente indebolito dalle terapie farmacologiche e dall'opera di sensibilizzazione di organizzazioni, enti, ricercatori; ma è altrettanto corretto affermare che l'AIDS è tutt'altro che scomparsa. Ad oggi non esistono medicinali in grado di debellare gli effetti devastanti che questo morbo comporta nell'organismo: né cure preventive in grado di inibirne il contagio. Ma consapevole di ciò, la ricerca prosegue, anche se probabilmente con meno mezzi e risorse di prima, a causa della percezione di «problema altrui» sopra citata.

È notizia odierna che il Dipartimento di Biomedicina dell'Università di Dresda è giunto ad una scoperta che potrebbe forse comportare un primo passo verso la soluzione radicale della malattia. In un esperimento condotto su cavie da laboratorio, i ricercatori tedeschi hanno creato un enzima capace di recidere letteralmente il virus dell'HIV dal DNA delle cellule infette: per questo motivo tale procedimento è stato ribattezzato il metodo delle «forbici molecolari». Si tratterebbe di sottrarre dal paziente alcune staminali, introducendo successivamente in esse l'enzima in questione: queste cellule geneticamente modificate vengono poi reintrodotte nell'organismo, di modo che si moltiplichino e identifichino appunto via il virus tagliandolo via dalle molecole contagiate.

La cura si trova al momento in una fase sperimentale, ma ha prodotto risultati incoraggianti nel trattamento sugli animali, che hanno visto diminuire in maniera significativa la presenza di HIV nel proprio sangue: sembra infatti che le «forbici molecolari» possiedano una precisione talmente alta da sfiorare il 90%, e la quantità di virus presente nel sangue delle cavie era talmente diminuita da non essere più riscontrabile. Ora i ricercatori tedeschi sono in cerca di soldi pubblici, per proseguire la sperimentazione della terapia e cercare di scoprire se anche sugli esseri umani si possa replicare il successo ottenuto in laboratorio.  

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