Sanihelp.it – Un proverbio ceco recita: «Imparate una nuova lingua, e avrete una nuova anima». Un altro detto africano dice: «Un uomo che parla una lingua vale un uomo; un uomo che parla due lingue vale due uomini; un uomo che parla tre lingue vale tutta l'umanità». L'importanza e l'utilità di conoscere più idiomi è sotto gli occhi di tutti: oramai non è solo più una questione di ordinare al ristorante quando si compie un viaggio, piuttosto una specie di dovere richiesto a chiunque voglia entrare sul mercato del lavoro. D'altronde, come diceva il grande Federico Fellini, «una diversa lingua è una diversa visione della vita»: e, secondo gli esperti, conoscerla ci rende più intelligenti.
Quantomeno, questo è il risultato di uno studio condotto dalla Georgetown University Medical Center della capitale americana Washington DC, pubblicato sulla rivista specializzata Cerebral Cortex: secondo l'analisi dei ricercatori statunitensi, infatti, essere bilingue, trilingue o più aumenterebbe la materia grigia in certe aree del cervello, quelle che controllano le capacità di attenzione e la memoria a breve termine, cosa che comporta vantaggi cognitivi non di poco conto. Tuttavia, devono trattarsi di idiomi parlati: conoscere il linguaggio dei segni, al contrario, non comporterebbe gli stessi benefici.
I risultati di questa analisi smentirebbero dunque l'opinione comune secondo la quale i bambini bilingue risulterebbero svantaggiati rispetto a quelli che parlano solo il proprio idioma a causa della presenza di due vocabolari diversi, che porterebbero a sviluppare e completare più tardi le proprie capacità verbali. Al contrario, i poliglotti ottengono risultati migliori per quel che concerne compiti che mettono alla prova le loro capacità di concentrazione, attenzione e la loro memoria a breve termine. La teoria da cui gli scienziati sono partiti, come spiegato in un'intervista sul Daily Mail, era la seguente: l'esperienza di due lingue diverse, la necessità di aumentare il controllo cognitivo di modo da parlarle in maniera appropriata, deve comportare giocoforza delle differenze a livello cerebrale tra i bilingue anglo-spagnoli e chi invece mastica solo il proprio idioma. Paragonandone le dimensioni del cervello, è risultato in effetti come i poliglotti possiedano più materia grigia nelle regioni frontale e parietale, aree coinvolte nel cosiddetto controllo esecutivo, che appunto comprende caratteristiche quali attenzione, inibizione e memoria a breve termine.
I ricercatori hanno studiato anche soggetti che parlano inglese e conoscono il linguaggio americano dei segni. Esattamente come nel caso dei bilingue, gli esperti hanno scoperto come possedessero un vocabolario più grande rispetto a chi parla un solo idioma: la disuguaglianza risiede nella necessità di parlare due lingue diverse con modalità diverse, una attraverso le parole, l'altra attraverso i gesti, cosa che apparentemente farebbe la differenza a livello cerebrale. Infatti, chi parla il linguaggio dei segni oltre che l'inglese, non presenta alcuna differenza per quel che concerne la materia grigia rispetto a chi parla solo l'inglese, cosa che ha spinto gli scienziati americani a considerare fondamentale per questo discorso saper gestire due lingue parlate.