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Nuove speranze contro la leucemia linfoblastica acuta

Prevenzione e terapia

Sanihelp.it – Si chiama pegasparaginasi, un nome difficile ma che rappresenta una speranza per molti malati: si tratta di una nuova arma per combattere la leucemia linfoblastica acuta.


Il farmaco, ora disponibile anche in Italia, è una forma pegilata della L-asparaginasi, trattamento della leucemia linfoblastica acuta: la pegilazione prolunga l'emivita della L-asparaginasi permettendo al principio attivo di rimanere più a lungo nel sangue riducendone l'immunogenicità. Il meccanismo d'azione dell’asparaginasi si basa su un deficit dei linfoblasti: queste cellule leucemiche necessitano infatti di un enzima, l'asparagina, per funzionare e riprodursi. In presenza di questo farmaco le cellule leucemiche non hanno più fonti di approvvigionamento e muoiono, mentre le cellule normali sopravvivono prendendo una via alternativa.

A oggi, la pegasparaginasi è riconosciuta come un trattamento di prima linea, in associazione al trattamento antineoplastico per i pazienti pediatrici e adulti con leucemia linfoblastica acuta. «La leucemia linfoblastica acuta è un tumore ematologico che colpisce i progenitori dei globuli bianchi, della linea linfoide, nel midollo osseo in forma acuta, ovvero con una progressione rapida della malattia. Possono essere colpiti pazienti di tutte le età, ma è più frequente nei bambini» ricorda Robin Foà, ordinario di Ematologia presso la Sapienza di Roma.

Negli USA ha avuto via libera la prima terapia genica contro la leucemia, trattamento Car-T, rivolta a malati fino a 25 anni, con leucemia linfoblastica acuta a cellule B recidivata/refrattaria. Il trattamento si basa su linfociti T 'addestrati' contro il cancro, cellule immunitarie che vengono estratte dal sangue del paziente e riprogrammate per colpire il tumore. Successivamente vengono moltiplicate e reiniettate nell'organismo, dove contrastano la malattia per mesi e persino anni.

Ha un costo elevatissimo perché ogni trattamento deve essere sviluppato individualmente, ma i risultati ottenuti sono notevoli: l'83% dei pazienti trattati (52 su 63) ha raggiunto la remissione entro 3 mesi dall'infusione, percentuale superiore a qualsiasi altro trattamento antileucemia.

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