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Sisma: lo stress non curato può far male al cuore

Sanihelp.it – Alle morti, ai feriti, alla perdita dei beni materiali e del senso di sicurezza causati da disastri ambientali come i terremoti si aggiungono danni più subdoli e poco presi in considerazione.


Gli specialisti in cardiologia riuniti a Roma per il Congresso Europeo ESC lanciano l’allarme: bisogna curare le ferite fisiche, ma anche gli aspetti psicologici, in un percorso di recupero che scongiuri il rischio di sviluppare stati di stress cronico che è noto avere effetti sulla salute cardiaca.

Fenomeno che si verifica anche in soggetti sani, se è immediata la correlazione con sintomi psichici come ansia, depressione e disturbi post-traumatici, attacchi di panico, insonnia, cefalea: uno studio della Cornell University ha evidenziato alterazioni delle aree cerebrali deputate alla paura nelle vittime rispetto ai soggetti non esposti.

Ma è sempre più chiaro che uno stress acuto non trattato ha effetti sulla salute cardiaca. In sostanza il primo effetto dello stress è l’attivazione di un sistema di allarme che, se rimane sempre acceso, ha come conseguenza la secrezione di alcuni ormoni (adrenalina, noradrenalina e glucocorticoidi) e l’aumento della pressione sanguigna e del battito cardiaco. 

Se questo stato prosegue per troppo tempo porta a un affaticamento del cuore e dei vasi. Successivamente i vasi tendono a ispessirsi per resistere al continuo flusso ad alta velocità del sangue: il cuore si stanca, producendo un ispessimento delle pareti del ventricolo sinistro. Ma lo stress innesca anche una produzione eccessiva di globuli bianchi che intasano i vasi sanguigni.

Un meccanismo complesso a cui si deve rispondere con politica di assistenza psicologico-sociale alle popolazioni colpite dal sisma per non rischiare tra 5-10 anni di assistere a un picco epidemiologico che potrebbe interessare il 15% della popolazione.

Da non sottovalutare anche l’esposizione acuta e per molte settimane a polveri e particelle ultra fini, macerie, amianto, diossina, metalli pesanti come piombo e residui di lampadine e strumenti elettrici, che possono causare problemi respiratori, tosse, secchezza delle mucose.


Fenomeni che possono essere sovrapponibili a quella che fu chiamata la sindrome di Ground Zero, che interessò centinaia di abitanti e soccorritori esposti alle macerie e ai fumi, che, venne calcolato, contenevano detriti in cui erano presenti oltre 2500 contaminanti tossici, che colpì occhi e apparato respiratorio in primis ma dopo anni dopo furono collegati anche ad alcuni casi di tumore, nei soggetti esposti alle fasi di pulitura delle macerie nei mesi successivi.

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