Sanihelp.it – Il miracolo della nascita rende i neo-genitori talmente felici che riescono a sopportare ogni cosa del neonato: pannolini sporchi e pianti disperati nel cuore della notte inclusi. Certo, se avessimo modo di codificare quelle richieste d'aiuto e d'attenzione così urgenti da essere strillate a squarciagola potremmo forse essere più efficaci nel nostro intervento, e potremmo forse tornare a letto a riposare in men che non si dica: per non parlare del saper distinguere tra esigenze primarie e disturbi veri e propri, che necessitano di un intervento specialistico. Ma i lattanti non hanno altro modo di comunicare inizialmente se non le urla, la comunicazione latita, e il padre o la madre sono costretti a trascorrere anche ore prima di riuscire a calmare il piccolo, mentre l'altro tenta disperatamente di dormire.
Come sarebbe bello se esistesse uno strumento che ci aiutasse a tradurre le esigenze del nostro neonato? Ebbene, per i genitori più in difficoltà un aiuto potrebbe arrivare nientemeno che dall'intelligenza artificiale. Uno studio della Northern Illinois University ha portato a sviluppare un algoritmo sensibilissimo ai vari tipi di pianto che un bimbo produce, e che per il nostro orecchio sono un po' tutti uguali: in questo modo saremmo in grado di capire al volo l'inconsolabile lattante, mettendoci a sua disposizione in modo che quel fastidio, quel senso di fame, quella richiesta d'essere pulito o qualunque altra cosa sia all'origine delle urla venga risolta.
I ricercatori americani hanno pubblicato la sperimentazione recentemente sulla rivista scientifica IEEE/CAA Journal of Automatica Sinisa: nell'articolo si legge che gli specialisti si sono tarati sui vari tipi di pianto e sulle informazioni che questa particolare forma di comunicazione porta con sé, per codificare le quali hanno fatto pratica presso il reparto di terapia intensiva neonatale dell'ospedale della propria città. Per acquisire i segnali e tradurli in richieste d'aiuto ben specifiche si sono fatti aiutare dalla tecnologia del "compressed sensing", capace di isolarli e particolarmente utile in ambienti rumorosi. La prima differenza che i ricercatori hanno notato è che esiste un pianto normale, legato ad esigenze come la fame, il sonno, il desiderio di essere cambiato o la richiesta d'attenzioni; e un pianto anomalo, legato a un fastidio passeggero o a una vera e propria patologia. La precisione dunque è ancora da affinare, ma potrebbe essere comunque molto utile per riconoscere tempestivamente un grido d'aiuto per cui è necessario l'intervento medico.