Sanihelp.it – Da una ricerca pubblicata sugli Annals of Internal Medicine ed effettuata da un team di ricercatori della Fondazione Policlinico Universitario Gemelli Irccs di Roma è emerso che il trapianto di microbiota (il mix di batteri intestinali) da un donatore sano dimezza i giorni di degenza nei pazienti ricoverati per l’infezione da Clostridium difficile e, inoltre, aumenta la sopravvivenza nel tempo di questi ultimi. Una scoperta importantissima che, secondo gli esperti, è destinata a cambiare la pratica clinica ospedaliera.
Quella da Clostridium difficile – come, del resto, attesta il nome stesso del batterio – è un'infezione molto pericolosa e spesso difficilissima da curare: lo studio, tutto italiano, attesta in via definitiva l'efficacia del trapianto di microbiota intestinale (Fmt) contro questo tipo di batterio; tale trapianto aumenta infatti la sopravvivenza a lungo termine di oltre un terzo rispetto alla terapia antibiotica classica e dimezza i giorni di degenza necessari al paziente, riducendo il rischio di gravi complicanze come la sepsi.
Complice l'abuso di antibiotici, l'infezione da Clostridium difficile è diventata epidemica negli ultimi anni, specialmente in pazienti anziani e fragili. Secondo le stime più recenti, ogni anno negli Usa muoiono circa 29 mila persone per tale patologia, per una spesa complessiva di 5 miliardi di dollari all'anno. I sintomi possono variare da una semplice diarrea a un quadro clinico grave, che può essere mortale. Il Clostridium difficile è un batterio che risiede in forma latente nell'intestino di circa il 30% delle persone (portatori sani), e l'infezione si manifesta solo quando il microbiota intestinale del soggetto viene debilitato, come in caso di massicce e ripetute terapie antibiotiche.