Sanihelp.it – I tumori cutanei sono in costante aumento, arrivando a rappresentare 1/3 di tutti quelli diagnosticati. L’incidenza maggiore avviene dopo i 40 anni e ogni anno si registra un incremento del 5%. La bestia più brutta è il melanoma cutaneo, che corrisponde all’1% di tutti i tumori potenzialmente maligni.
Ognuno di noi presenta sulla cute numerosi nei, in un numero variabile che va dai 20 a 200. Ma come capire se c’è il rischio che qualcuno di questi si trasformi in melanoma? «La risposta è nella Regola dell’ ABCDE. A sta per asimmetria, B per bordi, C per colore, D per dimensione e E per età o evolutività – svela Federico Ricciuti, dell’Azienda Ospedaliera S. Carlo di Potenza e Copresidente del Congresso. In sostanza, quando c’è un rapido aumento delle dimensioni, l’accentuarsi o l’estendersi della pigmentazione, il sanguinamento o l’ulcerazione spontanea di un neo, tutto lascia pensare a una possibile trasformazione del neo in melanoma.
Non succede nulla se una persona si graffia o stuzzica un neo con l’unghia. Questa è una falsa paura da sfatare perché l’evoluzione deve essere spontanea e naturale».
Ma non esiste solo il melanoma. Due importanti manifestazioni di tumore della cute sono rappresentate dal carcinoma basocellulare e dal carcinoma spinocellulare. La forma precancerosa cutanea più diffusa è la cheratosi attinica, detta anche discheratosi o cheratosi solare. Queste cheratosi sono delle piccole macchie arrossate che successivamente presentano delle crosticine e possono poi diventare tumori. Colpiscono le cellule più superficiali delle pelle, possono manifestarsi come lesione singola oppure in diverso numero. In 1/5 dei casi guariscono spontaneamente. Il resto può evolvere verso una forma neoplastica.
Le discheratosi possono essere trattate con terapie locali con interferone, imiquimod, 5-fluorouracile, diclofenac sodico 3% o con crioterapia, laserterapia o con terapia fotodinamica. Quest’ultima metodica prevede un uso combinato di farmaci locali e luce e consente di intervenire in tutti quei casi in cui non sia possibile effettuare l’intervento chirurgico. Ad esempio, se un paziente ha 40 discheratosi cosparse sul cuoio capelluto, visto l’elevato numero di lesioni si cosparge sulla zona interessata un particolare tipo di acido, e dopo 2 ore si fa un’irradiazione con una luce particolare, eliminando così tutte le lesioni, spiega l’esperto.
Ma non si tratta dell’unica novità proveniente dal mondo della dermatologia. Da oggi è infatti possibile garantire una diagnosi corretta di tutte le dermatiti allergiche. Come? Grazie a patch test, open test, test d’ uso e numerosi altri test cutanei.
Al primo posto si colloca il patch test: per merito di questo esame parrucchieri, personale sanitario, lavoratori dell’edilizia, del settore tessile, della ceramica possono scoprire precisamente che tipo di dermatite hanno manifestato. E stesso discorso vale per le figure non professionali che possono contrarre una malattia della pelle a causa dell’utilizzo di guanti, prodotti domestici, calzature e oggetti di bigiotteria.
Si tratta di un test di superficie, non invasivo e praticamente esente da rischi o fastidi. La sua efficacia è evidente soprattutto nelle dermatiti causate dall’uso di cosmetici, provocate non solo da componenti attivi ma anche da conservanti.