Sanihelp.it – I recenti studi hanno messo in evidenza le relazioni tra il carico di PM10 presenti nell’aria e le malattie cardiovascolari o respiratorie. «Le PM10 costituiscono la declinazione più locale di uno dei più grandi fattori di inquinamento che è il traffico veicolare – spiega il professor Roberto Dal Negro, fondatore del Centro nazionale studi di farmacoeconomia e farmacoepidemiologia respiratoria di Verona – Le PM10 sono quegli elementi che determinano il picco misurabile assieme ad altri elementi inquinanti (ossido di carbonio, anidride carbonica, ozono).
Si tratta del fattore più importante che nasce dal traffico veicolare: sono tutte le centraline che raccolgono i dati nelle varie città. Numerosi studi dimostrano il rapporto tra la concentrazione delle polveri fini e le malattie respiratorie.
In molte aree, come la Val Padana, si assiste a un incremento delle riacutizzazioni delle patologie respiratorie come asma e Bpco e dei ricoveri ospedalieri. Sono centinaia di migliaia i morti a livello globale per l’inquinamento; di circa 1500 trilioni di dollari è stata la spesa per l’impatto dei fattori inquinanti sulle malattie respiratorie. Bambini, anziani e individui con malattie debilitanti croniche restano i soggetti più a rischio, fino a 6 volte più della media.
Bisogna inoltre tenere a mente che dopo il picco di inquinamento ambientale, il fattore di rischio si mantiene ancora elevato per circa 10 giorni: il pericolo di contrarre malattie in ambito respiratorio è dunque più elevato di quanto possa sembrare. E non solo: con l’inquinamento, si verifica anche un peggioramento delle malattie di natura allergica.
Causa di questo riacutizzarsi del fenomeno, una condizione atmosferica tale che non c’è ricambio d’aria, non c’è pioggia e le particelle restano nell’aria. Diventa dunque indispensabile ridurre le emissioni di anidride carbonica.