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Ansia: importante che non cronicizzi

Sanihelp.it – Come si identifica un disturbo d’ansia?  


L’agitazione per l’attesa di un risultato, la paura di non farcela, sentirsi sotto pressione, manifestare un nervosismo diffuso, e contemporaneamente sperimentare disturbi fisici quali mal di schiena, mal di testa, nausea, tachicardia, tremori, difficoltà di respiro, svenimento.

Molto spesso tutti questi segnali diversi in intensità e durata, identificano i disturbi d’ansia.

Per la soluzione di questo corteo sintomatologico non esiste un trattamento definitivo ed efficace.

Studiosi dell’Università di Trento, in un lavoro di ricerca pubblicato su Scientific Report si sono concentrati  su cosa accade nel cervello di persone affette da due delle principali tipologie di ansia ovvero l’ ansia di stato (una condizione temporanea) e l’ansia di tratto (che, invece, è una forma stabile, cronica).

Lo studio in questione ha cercato di focalizzarsi proprio sulla migliore comprensione delle basi neurali dei due tipi di ansia.

«Oggi vi sentite particolarmente tesi, mentre di solito siete persone calme e tranquille? In questo caso si parla di ansia di stato. Se invece siete stranamente tranquilli, in contrasto con una generale tendenza al nervosismo, avete ansia di tratto. Quindi, l'ansia di stato riguarda il breve termine, mentre l'ansia di tratto è una caratteristica stabile di una persona» chiarisce Nicola De Pisapia, ricercatore del Dipartimento di Psicologia e Scienze cognitive dell’Ateneo di Trento e coordinatore scientifico dello studio.


Dall’esperienza clinica emerge, tra l’altro, che gli individui affetti da ansia di tratto hanno difficoltà nel gestire situazioni stressanti, sono esposti al rischio di depressione, hanno funzioni cognitive alterate, una minore competitività sociale e una predisposizione a sviluppare disturbi psicopatologici. 

Riconoscere subito la natura dell’ansia di cui una persona soffre aiuta a scegliere il trattamento più adeguato ed efficace e a evitare che la forma episodica diventi un problema cronico.

«Il nostro studio rende evidente quanto sia importante fare in modo che in un individuo l'ansia di stato non si trasformi in ansia di tratto, che è la forma cronicizzata. Una misura di contrasto sono le pratiche per diminuire l'ansia appena si presenta, ad esempio con tecniche di rilassamento, attività motoria e altre iniziative finalizzate a un benessere complessivo della persona» commenta ancora De Pisapia.

«Il nostro gruppo di ricerca – racconta anche De Pisapia – ha dunque osservato e misurato aspetti anatomici e attività a riposo del cervello in più di 40 individui tramite risonanza magnetica. Abbiamo poi correlato queste misurazioni con le variazioni di ansia di stato e di tratto nei partecipanti attraverso questionari standard, utilizzati anche nella pratica clinica. È emerso che gli aspetti più stabili legati all'ansia di tratto sono associati a specifiche configurazioni anatomiche, e dunque fisse, che portano a sviluppare pensieri negativi ripetitivi e incontrollati, mentre gli aspetti temporanei dell'ansia di stato sono correlati alla connettività funzionale del cervello, che è un’attività dinamica».

In altre parole l’ansia di tratto si può ricondurre a degli aspetti anatomici permanenti (nella corteccia mediale prefrontale e anteriore cingolata) a differenza dell’ansia di stato che invece si caratterizza per degli »intoppi» episodici nelle attivazioni cerebrali.

Dalla ricerca condotta all’Università di Trento emergono indicazioni anche per la pratica clinica. «In base a ciò che abbiamo osservato – conclude Nicola De Pisapia – un miglioramento della regolazione dell'ansia potrebbe essere ottenuto con la farmacologia e/o con i metodi di neurostimolazione (come Transcranial Magnetic Stimulation o transcranial Direct Current Stimulation) in soggetti con ansia ad alto tratto. Infine, questi risultati possono portare alla creazione di nuovi strumenti diagnostici e trattamenti volti a migliorare i disturbi d'ansia e a fermare l’ansia prima che degeneri nella forma cronica».

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